IN AUTO NON SI FUMA PIU’…

Italia in primissima fila nella lotta contro il fumo. Fin dal gennaio 2003, quando la Legge-Sirchia (dal nome dell’allora ministro della Sanità) impose il divieto di fumo in tutti i locali pubblici: fu una rivoluzione vera e propria! Niente più vestiti impestati di fumo dopo una serata in discoteca o in pizzeria, incredibile! Ma vero. E l’Italia fu uno dei primi paesi d’Europa ad adottare questo provvedimento, seguito a ruota, negli anni seguenti, da tutti le altre nazioni europee. I risultati, in quasi 13 anni di legge, sono significativi: i fumatori italiani sono calati del 7%, soprattutto gli uomini hanno smesso, mentre per le donne la sigaretta continua ad essere un piacevole e pericoloso compagno di vita. Adesso, un nuovo passo in avanti. Dal 2 febbraio, è entrata in vigore la legge che vieta addirittura il fumo in auto, nelle auto private di nostra proprietà (in quelle pubbliche era già vietato), ma solo nel nel caso della presenza in auto di minorenni o di donne in stato di gravidanza. Evidente, quindi, l’intento del legislatore non tanto di “punire” il fumatore (che sia il guidatore o no non importa, nè tantomeno se l’auto è ferma o in movimento), bensì di proteggere le cosiddette “categorie a rischio”, vittime del fumo passivo. Come dire: se in macchina sono tutti maggiorenni e consenzienti e non ci sono donne incinte, allora si può pure fumare tranquillamente. Non è l’unica incongruenza di questa legge, che sarà anche una buona legge, ma che lascia troppi spazi di interpretazione e di perplessità. Innanzitutto sui controlli: già, chi controlla? I vigili urbani, i carabinieri, la polizia (se fermano l’auto)? E se c’è puzza di fumo, ma nessuno al momento del controllo sta fumando? Che succede? Interpretazioni, appunto. Che riguardano anche le sigarette elettroniche, non ufficialmente inserite nell’elenco del tabacco vietato, ma nemmeno espressamente consentite. Fatto sta che, se siete beccati in flagranza di reato (sigaretta vera o elettronica che sia), rischiate una multa fino a 500 euro, in caso di presenza a bordo dell’auto di minorenni (anche se c’è una bella differenza tra un neonato e un 17enne) o di una donna incinta.
Appena due giorni dopo l’entrata in vigore della legge, una circolare del Ministero della Salute ha provato  fugare i dubbi. In particolare, “si intende evitare che il minore di anni 18 o la donna in stato di gravidanza, in un ambiente ristretto quale è l’autoveicolo, respirino il fumo passivo consumato da altri (sia il fumo prodotto dalla combustione della sigaretta, sia quello inalato e successivamente espirato dai fumatori)”. Per quanto riguarda i controlli, i veri problemi riguardano non tanto le ispezioni visive dell’auto dall’esterno, quanto le ispezione interne: quest’ultime, infatti, potrebbero essere bloccate se la vettura viene equiparata ad una “privata dimora”. In quel caso, servirebbero addirittura perquisizioni autorizzate da un giudice. Troppo complicato.
Fumare nell’abitacolo nella macchina, comunque, fa proprio male, soprattutto per i bambini, costretti a subire un fumo passivo molto concentrato. Lo confermano i pediatri della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. In Inghilterra, stavolta, lo hanno capito prima di noi, lanciando una grande campagna di sensibilizzazione: da loro le auto sono “smoke free” da diversi anni. Fumare in auto, del resto, è pericoloso anche indirettamente per la salute: il presidente del Codacons Carlo Rienzi ha evidenziato come il 15% degli incidenti stradali è dovuto ad una distrazione, spesso causata da quei 12 secondi in cui ci si accende una sigaretta e si tira la prima boccata. Ecco un altro buon motivo, secondo i salutisti, per applaudire questa nuova legge. Per i fumatori, un altro duro colpo: ora temono che presto non potranno più fumare liberamente nemmeno a casa propria (e del resto, in molti, coscienziosi, vanno già a fumare sul balcone o alla finestra, per non infastidire gli altri componenti della famiglia). Poi, visto che ci siamo, sarebbe bello ricordare alle mamme che non è tanto salutare fumare in gravidanza o quando si cammina per la città con il passeggino  del bimbo ad altezza-sigaretta…
In definitiva: ci sembra di poter condividere il giusto e meritato successo di questa nuova legge anti-fumo dello Stato, che va addirittura contro stesso e il proprio monopolio dei tabacchi. Ma senza scordarsi, sarebbe sbagliato, che queste sono pesanti restrizioni alle libertà personali, più o meno legittime.

Cristiano Tassinari

 sigaretta in auto

L’OMICIDIO “DI STATO” DEL POVERO GIULIO

Sono rimasto particolarmente scosso dalla brutta fine del povero Giulio Regeni, il giovane studente friulano, ricercatore e giornalista trovato morto in una strada del Cairo, la capitale dell’Egitto, da qualche anno diventata una delle città più pericolose del mondo. E’ lì che Giulio ha trovato la morte, a soli 28 anni, in circostanze drammatiche e misteriose. L’impressione, purtroppo, è che si tratti di un omicidio di stato, un assassinio politico, ordito all’interno dell’attuale pseudo-democrazia del presidente Al-Sisi, che qualcuno già definisce “peggio della dittatura di Mubarak”. E questo lo dicono gli stessi egiziani, a 5 anni dall’illusione di Piazza Tahrir e della “Primavera Araba”. Giulio Regeni aveva girato un bel po’ di mondo e ora studiava in Egitto, forse era venuto a contatto con movimenti politici e sindacali oppositori dell’attuale regime e questo, agli occhi del governo, è stato il suo peccato mortale: forse i servizi segreti gli hanno chiesto di “fare la spia”, lui ha detto di no e si è ritrovato picchiato, torturato e ammazzato. E le indagini depistate e insabbiate. Visto che stavolta non sembrano esserci di mezzo i soliti terroristi, rimane veramente plausibile l’ipotesi dell’omicidio di stato. A questo punto, il nostro paese – se è un Grande Paese – deve pretendere la verità, placare la sete di giustizia (non di vendetta) della famiglia di Giulio: questa volta non dobbiamo calare le braghe come stiamo facendo con l’India per i due marò, stavolta non ci devono essere motivazioni diverse da quella della ricerca della verità, non dobbiamo farci di nuovo mettere i piedi in testa da un paese del Terzo Mondo (l’Egitto, si, diciamolo chiaramente) solo perché ci vende due barili di petrolio o ci fa costruire un’autostrada. La vita di Giulio Regeni valeva (vale) giulio regenimolto di più.

DI QUESTI TEMPI, NON SI SA MAI…

Dopo lo scandalo dei Musei Capitolini di Roma, con le statue “coperte” per non ferire la suscettibilità del presidente iraniano Rohani, ecco un altro caso – scherzoso, stavolta – di censura: di questi tempi, non si sa mai…meglio non rischiare! (Il quadro originale è: Creazione di Adamo, Michelangelo Buonarroti, 1511)12647459_10207218096202136_8233586519581274563_n

SE E’ IL CALCIO CHE DEVE DARE L’ESEMPIO….

Dal caso Sarri-Mancini a quello De Rossi-Mandzukic: se è il calcio che deve dare il buon esempio, siamo messi proprio male… E non è che nella vita di tutti i giorni – e nel calcio di tutti i giorni – stiamo meglio: basti pensare a quello che è successo in provincia di Modena, dove una partita tra ragazzini under 15 è stata sospesa per intemperanze…dei genitori! Non delle giovani promesse, ma proprio dei genitori. Incredibile, ma vero: io ho avuto la fortuna, anni fa, di fare l’istruttore di giovani calciatori, proprio in Emilia, e vi assicuro che il “miglior nemico” degli allenatori e dei loro stessi figli sono proprio mamma e papà. Soprattutto la mamma, si è permesso. Che, spesso, pur senza capire nemmeno la regola del fuorigioco, è convinta di avere un fuoriclasse in casa ed è colpa dell’allenatore che non lo fa giocare o non lo fa rendere al massimo. Se ci pensate bene, e se ci spostiamo dal campo da calcio all’aula di scuola, è più o meno la stessa cosa: “mio figlio è bravo e intelligente, ma è colpa del professore”. Così va la vita, di questi tempi, Tutto sembra dovuto, senza un briciolo di autocritica. Tutto, pur di sognare un riscatto familiare in grande stile. Insomma: come diceva il geniale Ezio Vendrame, “Sogno di allenare una squadra di organi”. Intervento a gamba tesa, ma sacrosanto. E poichè sono sempre convinto che il frutto (il figlio) non cade lontano dall’albero (i genitori), che genitori mai diventeranno i figli di oggi con simili genitori? Scusate il lungo giro di parole, ma credo renda l’idea. Mi è capitato di sentire bambini di 10 anni esprimersi con parolacce e bestemmie da scaricatore di porto, poi ho conosciuto i genitori: parlavano nello stesso identico modo. Per cui…
Per cui c’è poco da rallegrarsi. Non si può chiedere a ricchi calciatori professionisti di essere esempi di moralità quando non lo sono neppure mamma e papà, ma un po’ di attenzione in più, questo si, visto che sono modelli facilmente copiabili: quindi, niente “froci” e niente “zingari di merda”. E pazienza che queste – come dicono tutti – sono cose che sono sempre successe. Allora, se è cosi, se depenalizziamo anche questo piccolo “reato sportivo” (ce ne sono altri, eh?, persino più gravi), viva la mano davanti alla bocca che, almeno, ci salva da questo scempio, di cui possiamo (e dobbiamo) fare a meno. Mancini-e-Sarri

L’ASSOLO DI LAURA MORANTE PIACE ALLE DONNE

Dopo aver visto, qualche giorno fa, l’opera prima da regista di Laura Morante, “Assolo”, la mia domanda è stata: se ne sentiva la necessità, nel panorama del cinema italiano, di Laura Morante come regista? Ora so rispondere: si. Un bel filmetto, senza la presunzione di essere un filmone o un capolavoro. Un film assoloalla “Morante”: brillante, quasi comico, umorale, molto femminile e al femminile. Ed è soprattutto alle donne che è piaciuta questa storiella di una bella affascinante ultra 50enne che, tra ex mariti, padri dei suoi figli, amanti e flirt variegati, per la prima volta nella sua vita si ritrova single, una situazione assolutamente nuova (e difficile da accettare) per lei. E quindi, scatta la necessità di cominciare a pensare più a se stessa che agli altri, di iniziare a stare bene anche da sola. Una condizione che può capitare a molte donne, che si saranno sicuramente ritrovate in quella stessa situazione del “meglio sole che male accompagnate” (specie se l’accompagnatore è Marco Giallini). Non sarà facile, ma alla fine la nostra protagonista, piccola eroina al contrario, ce la farà. E, prendendo finalmente la patente, volerà libera e bella verso la vita, a bordo di una bella Spider rossa. 
Un film delicato, piacevole, sbarazzino (esilarante la scena del tentato e fallito sesso solitario…), genuino, caratterizzato da una bravissima Laura Morante e da ottimi attori di contorno, l’imbiancato Gigio Alberti e una “schiavizzata” Angela Finocchiaro su tutti. Un film che sta riscuotendo un buon successo di critica e di pubblico, anche in Francia, dove la Morante è ben conosciuta. E questo suo film sembra proprio una deliziosa commedia “alla francese”. Naturalmente, lo avete capito, speriamo che dopo “Assolto”, ne esca anche un altro, di film così.

LE MILLE STAGIONI DI VALENTINO ROSSI

Non lascia, Valentino: raddoppia: il suo obiettivo è arrivare a cifra tonda, 10 titoli mondiali in bacheca. Gliene manca uno solo, sfuggito – per le notissime…relazioni pericolose tra lui, Lorenzo e Marquez – solo qualche mese fa, nel super polemico finale di stagione della MotoGp. Valentino Rossi vuole entrare nella leggenda – anche se c’è già – pure dal punto di vista numerico: 10 titoli mondiali. E’ il suo chiodo fisso. Lo abbiamo intravisto determinato e carico, qualche giorno fa, alla presentazione della nuova Yamaha, fianco a fianco con il suo carissimo nemico Jorge Lorenzo: solo un contrattone con molti zero, infatti, permette ai due campioni di sopportarsi, comunque mal volentieri, in pista e fuori. Con buona pace dei giapponesi. E degli stessi organizzatori della MotoGp – la Dorna ha di fatto esautorato l’ex potentissimo Ezpeleta -, che da queste baruffe magari poco sportive hanno però ottenuto attenzione stellare e ascolti tv planetari. Non tutte le valentinopolemiche, dunque, vengono per nuocere. Anzi. Valentino è in scadenza di contratto: ne sta chiedendo un altro, alla Yamaha, altri due anni. Finirebbe nel 2018, a 39 anni suonati., Un altro record. Ma poi, siamo sicuri, lui vorrebbe arrivare a 40. Cifra tonda. Sempre. Intanto gustiamoci questo mondiale, al via il 20 marzo dal Qatar. Se dovesse vincerlo, il decimo, Valentino potrebbe poi decidere di appendere la moto al chiodo. Per dedicarsi ai rally o, magari, diventare un grande dirigente proprio nel mondo del motociclismo. Ne avremmo bisogno, di Valentino, anche lì, fuori dalla pista.

ORMAI E’ CHIARO: CI SONO ATTENTATI DI SERIE A E ATTENTATI DI SERIE B

Nel mare magnum dei social network (ma anche dei giornali e dei telegiornali “ufficiali”), ormai è chiaro: ci sono attentati di serie A e di attentati di serie B. Credo che dipenda quasi esclusivamente dalla distanza chilometrica e/o dalla presenza di connazionali coinvolti nell’attentato, oltre allo straordinario impatto mediatico dell’evento (penso all’11 settembre a New York). Le Torri Gemelle e Parigi sono stati casi eclatantissimi, che hanno colpito le coscienze di tutti, a tal punto che io – come credo tutti voi – so perfettamente dov’ero e cosa facevo nel momento esatto in cui ho appreso la notizia, anche nel caso, quasi 15 anni fa, di Ground Zero. E quindi: indignazione, sgomento, bandiere al vento, marce di protesta, marce per la pace, Je suis Charlie, Je suis Paris e disperazione per i turisti italiani (di Torino) morti ammazzati al Museo del Bardo a Tunisi. Poi, però, ci sono attentati gravissimi – pare sempre orditi dai bastardi con la bandiera nera, che a volte si prendono persino meriti non loro – che passano inosservati: è il caso di Istanbul, qualche giorno fa (grande commozione in Germania, certo, perchè le vittime erano quasi tutte tedesche) ed è il caso di Giacarta, la capitale dell’Indonesia, oggi. Attentati di serie B, non c’è dubbio. Poca indignazione, poco sgomento, nessuna bandiera turca tedesca o indonesiana sventolata sul web, nessuna marcia di protesta, nessuna marcia per la pace, nessuno slogan destinato ad entrare nella storia. E nelle nostre coscienze. Perchè?istanbul-attentato42-1000x600

CHECCO ZALONE E DAVID BOWIE, LE PRIME ICONE DEL 2016

Per motivi ovviamente diversi, queste prime settimane del 2016 sono state caratterizzate da due personaggi lontanissimi tra loro, eppure così cari al grande pubblico: partiamo – per esigenze storiche – da David Bowie, “il Duca Bianco” rivoluzionario della musica, che ci ha lasciati qualche giorno fa, a 69 anni, dopo una vita fatta di eccessi, anche del suo talento musicale sterminato. In tanti, tantissimi lo hanno ringraziato: non solo per le belle canzoni scritte in 40 anni di carriera, ma anche per aver sdoganato il “personaggio strano” che c’era in lui – fin dai tempi di Ziggy Stardust – e che, probabilmente, c’è in tutti noi, in qualcuno più nascosto che in qualcun altro. Ma che importa! Non che io fossi un innamorato pazzo di David Bowie – tutt’altro – ma la sua “Let’s Dance” è bellissima, come certe sue interpretazioni cinematografiche, anche involontarie: lo ricordo, ad esempio, sul palco di un suo vero concerto a Berlino durante l’inquietante film “Christiane F., noi ragazzi dello zoo di Berlino”, una pellicola generazionale dell’epoca dello “sballo”. E i ragazzi, sballati, andavano proprio a vedere un concerto di David Bowie. Perchè li faceva sentire normali. E’ questo è stato il grande insegnamento dello stesso artista inglese, che negli ultimi decenni aveva infatti indossati i panni, per lui forse scomodi, della normalità. Ed è stato persino normale vedere e leggere di tanti giovani e meno giovani – che magari nemmeno conoscono le sue canzoni – piangere l’addio al “Duca Bianco” come, probabilmente, non farebbero nemmeno per il nonno e lo zio. 
Normalità” è la parola chiave anche per Checco Zalone, nome d’arte di Luca Medici, avvocato barese classe 1977, super campione d’incassi, con oltre 52 milioni di euro guadagnati con il suo nuovo film “Quo Vado?” in nemmeno venti giorni di programmazione. E giù tutti, persino fini sociologi, a spiegare il perchè del successo di Checco Zalone, che da qualche film a questa parte (quattro ne ha fatti, tutti andati benissimo) ha stracciato tutti i mammasantissima della comicità all’italiana: non c’è più cinepanettone o Pieraccioni che regga, di fronte al suo straripante successo. Dovuto proprio alla normalità. Del suo pensiero, delle sue battute (al di là di qualche volgarità di troppo), della sua satira sui grandi fatti della storia dei giorni d’oggi (geniale la scena girata a Lampedusa con Checco Zalone che sceglie gli immigrati da accettare in Italia in base al fatto che sappiamo o meno giocare a calcio…). L’unico, altrettanto normale, nella sua comicità che potrebbe ancora fargli ombra è l’inarrivabile Lino Banfi, e infatti se lo è preso con sè, nella parte dell’onorevole che raccomanda tutti e dice di non mollare mai il posto fisso. Una coppia imbattibile. Con un filo di buonismo che fa chic e non impegna. Eche-bella-giornata-checco-zalone_650x435 Come ha detto, stavolta giustamente, Adriano Celentano, Checco Zalone è una medicina di cui nessuna farmacia dev’essere sprovvista.