La follia umana ci ha tolto il sorriso di Fabrizia.

Non ci sono parole per esprimere la disperazione della famiglia di Fabrizia Di Lorenzo, alla notizia dell’attentato del camion assassino al mercatino di Natale di Berlino. La ragazza, originaria di Sulmona (L’Aquila), aveva studiato e lavorava in Germania, uno dei tanti “cervelli in fuga” dall’Italia per bisogno di lavorare, di sopravvivere, di vivere. Ma quella sua voglia di vivere, quel suo sorriso, è stato spento per sempre dalla follia umana. Non è l’ultima e non sarà la prima vittima del fanatismo. Cerchiamo di non dimenticarla troppo in fretta. Cerchiamo di fare qualcosa per fermare questa ondata di odio disumano. fabrizia-di-lorenzo-dispersa-berlino_20152016

LUDOPATIA: LA VITA DI TUTTI I GIORNI E’ UNA TENTAZIONE 

Attorno all’8 dicembre, dunque già in clima festaiolo, sono stato per lavoro al Casinò di Saint Vincent, uno dei quattro casinò esistenti in Italia (gli altri sono a Venezia, Sanremo e Campione d’Italia), tutti di proprietà pubblica, attraverso lo stato o le regioni. Se avessi avuto ancora qualche dubbio sul fatto che fossero proprio i casinò il “paradiso del vizio” del gioco, mi sono dovuto ricredere. Sono tra le strutture “del divertimento” più controllate che ci possano essere, cosa che non possiamo certo dire per altri piccoli templi del gioco d’azzardo, peraltro assolutamente regolari e autorizzati, come le sale giochi con slot machine e, addirittura, i bar sotto casa con un paio di macchinette infernali. Per non parlare del boom del gioco d’azzardo on line. Sono questi, la sale giochi, i bar dietro l’angolo, i casinò virtuali le vere rovine per molti, troppi giocatori dilettanti che perdono, però, come dei professionisti. Dei veri e proprio “malati di gioco”. Una vera e propria (e pericolosa) dipendenza comportamentale, capace di sfociare in ludopatia, un disturbo ossessivo-compulsivo legato alla necessità impellente, spasmodica, irresistibile di giocare. A tal punto da dover ricorrere a vere e proprie terapie d’urto, persino presso i Sert, i servizi delle aziende sanitarie pubbliche dedicate (in alcune regioni d’Italia) alle dipendenze patologiche: non solo droghe sotto forma di sostanze stupefacenti, quindi, la droga sotto forma di ore e ore passate a giocare alle slot machine, ai videopoker o ai casinò on line su internet. In confronto, il vecchio casinò caro a James Bond e ad intere generazioni di “giocatori controllati” è diventato ormai un luogo per educande. Con i soldi da spendere, certo, ma pur sempre da educande. Il fascino di questi casinò vecchia maniera, peraltro, è decisamente in calo: ormai nemmeno a St.Vincent richiedono la giacca obbligatoria per entrare, al casinò di Venezia Cà Noghera – quello meno chic, vicino all’aeroporto di Tessera, che fa comunque parte dello stessa stessa struttura dello storico casinò di Venezia Lido – si incontrano ormai soltanto giovani cinesi in pullover dai coloro improbabili, ma con in mano mazzette ricolma di pezzi da 500 euro. Del resto, la crisi che ha colpito i casinò impone di non fare più gli schizzinosi: via libera a tutti, comprese intere comitive di pensionati arrivati con la corriera e pronti per invadere le centinaia e centinaia di slot machine all’interno dei saloni. Poi, ognuno si diverte come può e come crede. Ma non è un caso che i leggendari tavoli verdi del black jack o di altri giochi (io, al massimo, investo venti euro nella roulette del rosso e nero: almeno ho un 50% di possibilità di vincere: ma becco sempre l’altro 50%…) siano ormai spesso deserti e i croupier disoccupati, in attesa di una clientela di veri giocatori che si fa sempre più rara e introvabile. Ormai andare al casino è una gita, è una serata diversa dal solito, non è più per andare a sbancare e per “fare i soldi”.
Il direttore commerciale del Saint Vincent Resort & Casinò, Marco Fiore, da 35 anni è testimone dei cambiamenti epocali del gioco d’azzardo e ci spiega. “Noi casinò siamo controllatissimi. L’ingresso è gratuito, ma siamo costretti per legge a registrare tutti i clienti che entrano al casinò. E succede spesso di doverne respingere qualcuno, se la famiglia ci ha contattati per evitare che il loro parente continui a rovinarsi con il gioco. In quel caso la segnalazione è estesa a tutti i casinò e il giocatore non può più entrare da nessuna parte. Crediamo di fare un favore e lui stesso e alla famiglia. Ma a volte accadono situazioni spiacevoli…è chiaro che se il giocatore in questione non può più entrare in nessun casinò d’Italia, o va all’estero oppure si accontenta dei surrogati: le sale da gioco, i bar con i videopoker, internet. E lì non ci sono esattamente gli stessi controlli….”.
E’ evidente, quindi, che il baricentro del rischio si è spostato dai casinò alle strutture periferiche, dove minori sono i controlli e maggiore è il “mucchio selvaggio” dei potenziali giocatori: per andare al casinò, infatti, bisogna prendere l’auto, fare centinaia di chilometri, prenotare un albergo, troppo complicato per i giocatori che si credono “occasionali”. Per divertirsi – e magari vincere qualcosa, pensano – può andare benissimo anche un sito internet, comodamente da casa, oppure la sala giochi nella piazza del paese o persino il bar Sport dietro l’angolo, con due belle slot machine di quelle che per vincere devi tirare la manovella e sperare in un tris di ciliegie. Si assottiglia il pacchetto dei giocatori da casinò, si ingrossano le fila dei giocatori “occasionali”: operai alla fine del turno, pensionati che ammazzano il tempo, casalinghe che uccidono la noia. Il vizio del gioco è trasversale, senza limiti di età e barriere sociali, al Nord come al Sud. E tutti corrono il rischio di rovinarsi, se stessi e le loro famiglie. Per lavoro ho intervistato diversi ex giocatori che hanno iniziato proprio  cosi, giocando ogni tanto, con piccole perdite, un po’ di moneta, poi dieci, venti, cinquanta euro. Tutti convinti, come i fumatori, di riuscire a smettere quando vogliono. E invece…. E invece poi finiscono nei gruppi di “giocatori anonimi”, sedute psicologiche per curarsi, per uscire dal tunnel, proprio come chi è alcolizzato o tossicodipendente. Mandando in frantumi non solo i propri conti correnti, ma anche i propri affetti: matrimoni spezzati, famiglie devastate, amicizie dimenticate. E tutto per un qualcosa, il gioco d’azzardo “casalingo”, assolutamente legale, dove addirittura lo Stato ci guadagna, eccome. Per non parlare poi delle scommesse, ma quello è un altro mondo.
Lungi da noi l’idea di voler demonizzare tutto il mondo del gioco d’azzardo a 360 gradi, ma è evidente che i controlli di garanzia (e di tutela dei giocatori) che spettano ai casinò debbono essere estesi anche agli altri luoghi a rischio: le sale giochi, i bar con i videopoker, internet, le stesse sale scommesse. E non basta che lo Stato cerchi di tamponare con le ordinanze di un sindaco qua e uno di là sul fatto che la sala giochi deve essere a più di cento metri di distanza dalla scuola. Magari, poi, è troppo vicina ad un centro anziani, e il rischio è ancora maggiore….
Servono maggiori controlli, tanto per cominciare. Tanto per non crescere una generazione di “malati di gioco”. E nel frattempo, non possiamo che sperare – difficile, ma non impossibile – che i giocatori occasionali diventati incalliti scoprano un qualche divertimentoludopatia più sano e più consapevole.

TUTTI ALLO SKYWAY MONTE BIANCO!

SPECIALE SAINT-VINCENT – SKYWAY, L’OTTAVA MERAVIGLIA DEL MONDO
di Cristiano TassinariLa grande bellezza di Saint Vincent permette alla città del casinò di non essere affatto gelosa delle altre splendide località della Valle d’Aosta, anzi: dalla vicinanza con le piste di sci più belle e con le montagne piu spettacolari, St.Vincent trae ispirazione per nuove opportunità turistiche. Lo fa sicuramente il St.Vincent Resort & Casinò: agli ospiti del Grand Hotel Billia viene offerta la grande occasione su un piatto d’argento: una visita mozzafiato e irrinunciabile allo Skyway Montebianco, giustamente definita l’ottava meraviglia del mondo. Che ci porterà – perchè ci stiamo andando anche noi! – sempre più in alto, fino ai 3462 metri (o 3466 metri, a seconda dei cartelli) di Punta Helbronner, dedicata all’ingegnere e alpinista francese Paul Helbronner, proprio nel cuore delle Alpi, le Alpi Graie, incastonata all’ombra del Monte Bianco. Anche se poi, di ombra, in realtà, ne abbiamo trovata poca: abbiamo avuto la fortuna di incontrare una bellissima giornata di sole, che ha baciato in fronte la nostra spedizione turistica. 
Tragitto St.Vincent-Courmayeur in mezzoretta di autostrada e, nemmeno il tempo di rendercene conto, ci troviamo già alla base di partenza dello Skyway Montebianco. 
Operativa da fine maggio 2015, la nuova funivia sul Monte Bianco è un capolavoro architettonico e ingegneristico pari soltanto al capolavoro della natura che ci sta attorno: dalla stazione di partenza di Pontal d’Entreves (quota 1300 metri) – con questa cabina panoramica – si sale subito alla stazione intermedia, Pavillon du Mont Frety, e poi all’ultima, quella più in alto, di Punta Helbronner. Da qui siamo praticamente i nuovi vicini di casa del Dente del Gigante (vista la forma, si capisce bene il perche del nome) e i coinquilini – noi e molti altri turisti – del Cervino, del Monte Rosa e del Gran Paradiso, tanto per citare le cime piu famose, tutte ben visibili e identificabili con il loro inconfondibile DNA bianco. 
Il nostro stupore, in mezzo a cotanta natura, è genuino: non fa nemmeno freddo, il sole batte forte, siamo oltre gli zero gradi, pensate: a 3466 metri! E allora, da questa fantastica terrazza d’Europa, ispirata alla forma di un cristallo, potremmo mai perdere l’occasione per una bella intervista.


Lo Skyway Montebianco è una meraviglia anche in fatto di numeri: un dislivello di oltre 2000 metri, 4 anni di lavori, 100 e passa milioni di euro di costo,.centinaia di operai imbragati come alpinisti, al lavoro anche con 20 gradi sottozero! Tutto questo già spiega a sufficienza la maestosità dell’opera. Tutta made in Italy, dalla progettazione alla realizzazione. I vicini francese, dalla parte di Chamonix, rosicano. La grandeur è italiana. 
Le linee architettoniche, tanto vetro e tanto acciaio e forme disegnate seguendo il vento che soffia, la neve che cade e le valanghe in agguato, rendono questa strepitosa infrastruttura un’opera d’arte quanto mai sicura e affidabile. E ci può far cullare durante la rotazione – dolcemente impercettibile – a 360° delle cabine panoramiche, in modo da poter abbracciare il paesaggio nella sua orgogliosa interezza. Della rotazione – nei 4 minuti e mezzo del primo tratto e nei sei minuti del secondo tratto – te ne accorgi soltanto perchè nella cabina cambia il vicino di posto, anche lui, anche noi, protagonisti consapevoli e fluttuanti in questo spazio temporale così naturale, attraverso lo schermo di questa cabina vetrata che sembra un portapillole e invece porta…i turisti, 80 alla volta, 800 all’ora, di punta. 
E poi è già tempo di scendere, all’avveniristico Pavillion – che sembra una stazione spaziale -, ultima fermata prima dei piedi per terra, è già tempo di uno sprizz, di uno stuzzichino, di un po’ di relax, di una passeggiata nella neve, di tirarsi le palle di neve, persino di fare un’intervista seduti nel bianco che più bianco non si può.

sky lo facciamo a cuor leggero, non siamo affatto tristi, tanto siamo convinti di poterci tornare presto. E se lo chiedete agli amici del Saint Vincent Resort & Casinò, vi riportano su di nuovo anche domani. Promesso!
E, insieme agli auguri di Buone Feste, dalla vetta dello Skyway Montebianco non potevamo che gettare lo sguardo e allargare gli orizzonti verso i prossimi, futuri eventi del Saint Vincent Resort & Casino’

Il popolo sovrano ha detto NO!

Con un plebiscito attorno al 60%, il popolo sovrano italiano a respinto al mittente la riforma costituzionale proposta dal governo-Renzi. Credo che, in realtà – come hanno affermato autorevoli commentatori politici – agli italiani fregasse ben poco del cambiamento della Costituzione Italiana, che sta lì da 70 anni e per quanto ci riguarda può rimanerci altri cento. E’ evidente che si trattava di un voto PER Renzi o CONTRO Renzi. E poichè è stato un vero e proprio esame per il governo, per la prima volta chiamato al confronto elettorale diretto, è evidente che gli elettori hanno votato in base alla propria pancia e alle proprie tasche, ponendo in primo piano la loro situazione economica, ma anche la percezione di sicurezza (o insicurezza) che viviamo nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre case. Intendiamoci: hanno fatto bene a votare SI al referendum quelli che, al momento, continuano a star bene, con la pancia piena e soddisfatti. E hanno fatto bene a votare NO quelli che, invece, non stanno bene in questa Italia delle promesse, con la pancia vuota e il cassetto dei sogni pure. E, come immaginavamo – non c’è bisogno di essere sondaggisti per capirlo – quelli che stanno male sono decisamente la maggioranza. Quel ceto medio che, ormai, è diventato medio-basso. Se non peggio. Lo capisca Renzi, se rimarrà (l’età e l’ambizione glielo consentono) sulla scena politica; lo capiscono quelli che verranno dopo. Agli italiani interessa, anche egoisticamente, star bene. Punto. Anche se non c’è scritto in nessuno dei 139 articoli della nostra bellissima (dicono) Costituzione. renzi