Spagna: i braccialetti elettronici contro il “terrorismo machista”

In Spagna, la violenza nei confronti della donne sembra un male endemico impossibile da estirpare, e con l’entrata in vigore delle nuove norme sulla libertà sessuale, la cosiddetta legge “Solo Sì è Sì“, il braccialetto elettronico assume nuovo vigore.

I braccialetti di controllo sono dispositivi che geolocalizzano sia la vittima che l’aggressore e inviano un avviso quando quest’ultimo viola la distanza di sicurezza imposta.

La magistrata Victoria Rosell, delegata del governo di Pedro Sanchéz contro la violenza di genere, spiega che le vittime di abusi e stupri potrebbero ottenere questo dispositivo di sorveglianza telematica in meno di 24 ore, in caso di ordine del tribunale, quando l’autore del reato sessuale viene scarcerato.
Tuttavia, il numero di braccialetti distribuiti non è stato reso noto per motivi di sicurezza.

“Non posso darvi il numero esatto”, spiega Victoria Rosell. “Posso dirvi che tutti quelli che sono stati richiesti dai tribunali sono stati installati, è una questione di sicurezza per le vittime”.

La legge sulla libertà sessuale, definita – appunto – “Solo Sì è Sì”, è entrata in vigore il 7 ottobre 2022, di fatto cancellando – tra le altre cose – il reato di “abusi sessuali” ed equiparandolo a violenza sessuale a tutti gli effetti.

Due mesi dopo l’entrata in vigore della nuova legge, però, dicembre è diventato il mese con il maggior numero di femminicidi in Spagna (11) dal 2015. 

I braccialetti di controllo telematico hanno dimostrato la loro efficacia sin dalla introduzione, nel 2009, poiché nessun utente di questo servizio è stato assassinato dal proprio partner o ex partner.

Attualmente sono 3.015 attivi e circa 1.300 ancora disponibili.

Tra gli altri sistemi di sicurezza, inoltre, esiste il sistema Viogén, un programma informatico – avviato nel 2007 – utilizzato dai corpi di polizia spagnoli, che valuta il rischio di recidività del reato, quindi il fatto che un uomo possa tornare ad aggredire la sua compagna o ex compagna.

Nonostante il 2022 sia stato l’anno in cui si è registrato il minor numero di femminicidi in Spagna, 46 in tutto (in Italia sono stati quasi il triplo: 120!), dal 2003 ad oggi, i casi in aumento di dicembre e gennaio (addirittura quattro in un giorno solo!) alzano la soglia di preoccupazione.

Secondo il ministro spagnolo degli Interni, Fernando Grande-Marlaska, è ora di mettere fine a quello che definisce “terrorismo machista”.

Ciao, diva “Lollo”!

È morta Gina Lollobrigida. Grande protagonista del cinema italiano, era nata a Subiaco il 4 luglio del 1927, aveva quindi 95 anni.

Lo scorso settembre l’attrice, che una generazione ha conosciuto come la Bersagliera, era stata dimessa dalla clinica, dopo una caduta in casa che le aveva causato una frattura del femore per cui era stata operata. Già quattro anni fa la Lollo era finita in ospedale proprio per un incidente domestico. In quell’occasione l’attrice fu presa in cura dai sanitari del Sant’Eugenio, ospedale a poca distanza dalla sua villa sull’Appia Antica, e dimessa un paio di giorni dopo.

L’incidente al femore è avvenuto a due settimane della tornata elettorale del 25 settembre in cui la Lollobrigida era candidata a Latina al collegi o uninominale del Senato, e in altre circoscrizioni nel plurinominale proporzionale, per la lista ‘Italia sovrana e popolare’, che riunisce Partito comunista, Patria socialista, Azione civile, Ancora Italia e Riconquistare l’Italia.

In carriera si è aggiudicata, tra gli altri, sette David di Donatello: la sua fama è legata al nuovo cinema italiano del neorealismo: lavora con Pietro Germi (“La citta’ si difende”) e con Carlo Lizzani (“Achtung banditi”) alla metà esatta del secolo scorso ritagliandosi ruoli di vigorosa passionalita’ popolana in cui affina una recitazione da autodidatta imprimendole la sua personalità.

Il primo successo personale è però fuori dai confini: il francese “Fanfan la Tulipe” con Gerard Philipe nel 1952. Recita per Rene Clair, Alessandro Blasetti, Mario Monicelli e Steno, Mario Soldati e finalmente diventa diva in patria con il trionfale “Pane amore e fantasia” di Luigi Comencini (1953) compreso il fortunato seguito sempre in coppia con Vittorio De Sica.

Negli ultimi anni si era dedicata  anche a altre arti fotografia e scultura in modo particolare.

I suoi ultimi anni sono stati contrassegnati anche da vicende giudiziarie. Dal 2021 la diva aveva un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale per tutelare il suo patrimonio, così come richiesto nell’azione legale dal figlio Andrea Milko Skofic. Al centro dell’attività di indagine dei pm di piazzale Clodio è l’ex manager dell’attrice, Andrea Piazzolla, rinviato a giudizio con l’accusa di circonvenzione di incapace. Con lui è finito a processo anche Antonio Salvi, l’uomo che avrebbe fatto da intermediario con una casa d’aste per la vendita di circa 350 beni di proprietà della Lollobrigida.

Breve biografia

Luigia Lollobrigida nasce a Subiaco nel 1927 e, contrariamente all’immagine popolare che si è incollata addosso, è figlia di agiati borghesi (il padre è un facoltoso produttore di mobili) ridotti quasi alla povertà dai bombardamenti alleati sulla sua regione. Trasferitasi a Roma ancora occupata dai nazisti, la famiglia si arrabatta in ristrettezze economiche tanto che la giovane Gina si paga parte degli studi all’istituto di Belle Arti vendendo disegni e caricature o comparendo in qualche fotoromanzo col nome d’arte di Diana Loris.

Il concorso di Miss Italia

Ha piglio, carattere, volontà di riscatto e così coglie quasi per caso l’opportunità di un concorso di bellezza per farsi notare e spiccare il volo verso l’edizione 1947 di Miss Italia a Stresa dove arriva seconda ma conquista pubblico e giudici. È ormai leggenda che a quelle finali dovette lasciare il passo solo a Lucia Bosè, sbaragliando invece rivali come Gianna María Canale, Silvana Mangano, Eleonora Rossi Drago. Esordisce a teatro ad appena 17 anni e poi cerca fortuna come comparsa a Cinecittà, forte di una piccola notorietà nel mondo dei fotoromanzi.

Contrariamente a quel che si pensa di lei, la più celebre “maggiorata” del cinema italiano insieme a Sophia Loren (di sette anni più giovane), Gina Lollobrigida diventa famosa prima all’estero che in Italia ed è per molti decenni l’unica diva italiana (insieme ad Alida Valli) amata dai registi americani.

Da Hollywood al neorealismo italiano

Il primo ad accorgersene è il magnate con passioni artistiche Howard Hughes che nel 1950 la porta a Los Angeles con la promessa di un ricco contratto in esclusiva. Gina però ha il carattere di un “cavallo di razza” e capisce in fretta che quella gabbia dorata non fa per lei. Richiude in fretta le valigie, torna a Roma, subisce la vendetta di Hughes che non la farà lavorare in America fino al 1956 e abbraccia il nuovo cinema italiano del neorealismo: lavora con Pietro Germi (“La città si difende”) e con Carlo Lizzani (“Achtung banditi”) alla metà esatta del secolo scorso ritagliandosi ruoli di vigorosa passionalità popolana in cui affina una recitazione da autodidatta imprimendole la sua personalità. Il primo successo personale è però fuori dai confini: il francese “Fanfan la Tulipe” con Gerard Philipe nel 1952. Recita per René Clair, Alessandro Blasetti, Mario Monicelli e Steno, Mario Soldati e finalmente diventa diva in patria con il trionfale “Pane amore e fantasia” di Luigi Comencini (1953) – per il quale sarà poi l’indimenticabile fata Turchina delle sue Avventure di Pinocchio per la tv – compreso un fortunato seguito sempre in coppia con Vittorio De Sica.

Il terzo episodio della serie (a firma Dino Risi) segnerà invece l’inizio della rivalità (molto più presunta che reale anche se una sola volta e in tarda età hanno recitato insieme) con Sophia Loren.

La Lollo, come la chiamano tutti, rifiuta la parte e Sophia la rimpiazza, come accadrà del resto più volte nel decennio successivo. Intanto Gina coglie decine di successi all’estero: lavora con John Huston e Robert Siodmak, recita con Burt Lancaster e Frank Sinatra, è una magnifica Esmeralda in coppia con Anthony Quinn ne “Il gobbo di Notre Dame”, passa da Errol Flynn a Yul Brynner, accetta la sfida di doppiarsi in francese e cantare da soprano (ne “La donna più bella del mondo” in coppia con Vittorio Gasmann per cui vince il suo primo di 6 David di Donatello). La sua carriera sul set è meno lunga della sua vita artistica solo perché all’inizio degli anni ’70 decide che la sua passione la porta altrove: lascia il cinema (a cui tornerà solo vent’anni dopo) per diventare fotografa, cogliendo spettacolari successi nell’arte del ritratto immortalando divi e uomini politici (tra cui Fidel Castro), compagne d’avventura della sua vita precedente e grandi artisti. Ma la sua sete di vita la porterà ancora altrove: si cimenta come scultrice e con le sue mostre fa il giro del mondo. Ben più tormentata la vita personale: si è sposata una sola volta (nel 1949 col medico sloveno Milko Skofic da cui ebbe un figlio e da cui divorziò nel 1971), passati i 90 anni, ha rivelato di essere stata stuprata giovanissima spiegando che questo dolore aveva segnato tutta la sua vita, non ha mai ammesso o smentito episodi amorosi legati ai grandi attori con cui ha lavorato e che per lei avevano perso la testa.

Una vita, mille vite

Nel 2006 ha annunciato di voler sposare lo spagnolo Javier Rigau ben più giovane di lei, ma poi il matrimonio fu negato da entrambi e comunque annullato dalla Sacra Rota. Ancora oggi battaglia in tribunale col figlio Andrea Milko Skofic che accusa un collaboratore della madre di averla raggirata sottraendole buona parte della sua fortuna. Fino alla caduta accidentale in casa dello scorso settembre, con la frattura del femore che l’ha costretta a un intervento, giudicato perfettamente riuscito, ha vissuto da sola nella grande villa sull’Appia Antica, senza aver nulla della diva sul viale del tramonto, tanto da accettare la candidatura alle ultime elezioni, al collegio uninominale del Senato a Latina, e in altre circoscrizioni nel plurinominale proporzionale, per la lista ‘Italia sovrana e popolare’. Non era la prima volta: nel 1999 il suo nome compariva nella lista dei Democratici per le Europee. La sua vitalità ironica e la sua schiettezza nel guardare alla vita ne consegnano intatta l’immagine per tutte le generazioni che l’hanno vista icona del cinema, sex symbol italiano e ricordata nel mondo dalla stella sulla Hall of Fame di Hollywood.

“World Pizza Day”: pizze per tutti i gusti e per tutti i prezzi, anche a 8.300 euro…

La pizza più cara al mondo?

Secondo gli esperti che organizzano, ogni 17 gennaio, il “World Pizza Day”, è la “Luigi XIII” del pizzaiolo Renato Viola, originario di Agropoli (Salerno), ma star della pizza a Miami, dove ha avviato una catena di ristorazione di successo, con filiali a Madrid e Riad. Di lui, si era già parlato l’estate scorsa: e per il “Guinness dei Primati” della pizza, la sua – giustamente – viene considerata la più costosa al mondo: il suo prezzo raggiunge gli 8.300 euro!
E quali saranno mai gli ingredienti di cotanta specialità? Sulla pizza si trovano storione, caviale Beluga (di tre diversi tipi: Oscietra Royal Prestige, Kaspia Oscietra Royal e Beluga Kaspia), gamberoni rossi di Acciaroli, aragoste di Palinuro, cicale di mare del Mediterraneo, mozzarella di bufala, sale rosa australiano e un impasto lievitato per 72 ore.
Il tocco magico? Due gocce di cognac “Luigi XIII” Remy Martin, da cui prende il nome la pizza. Tutti alimenti ben più costosi del tanto discusso prosciutto spagnolo Pata Negra che Flavio Briatore mette su una delle famose e costose pizze….
Per giustificare, almeno parzialmente, il prezzo “straripante”, la pizza viene portata a casa del cliente dallo stesso pizzaiolo, dal sommelier e dallo chef e viene servita su piatti da collezione, accompagnata da champagne.

Per la cronaca: la pizza ha dimensioni poco più che normali, giusto per due persone. Se volete fare una tavolata di amici, rischia di costarvi una fortuna, a 8.300 euro ogni due persone…

Se vi sembra un po’ eccessivo l’apporto di calorie della pizza “Luigi XXIII” (e un po’ eccessivo il prezzo), potete sempre ripiegare sulla “Pizza Berlusconi”: dovete però andare in Finlandia, perché l’ha inventata la catena finlandese Kotipizza, fatta su un sottile impasto a base di segale e farina integrale, con carne di renna – proprio l’ingrediente sminuito dall’allora nostro Presidente del Consiglio con una battuta, nel 2005 –  funghi cantarelli e tanta cipolla.
Ma c’è di meglio o – forse – di peggio: il ristorante The Rockes dell’Australian Heritage Hotel, a Sydney, propone una pizza al coccodrillo d’acqua salata, una varietà molto particolare che si può mangiare solo in Australia (per fortuna!). Ma anche la banana-curry pizza, chiamata “Tropicana”, una pizza molto richiesta in Svezia: pare che gli svedesi abbiano una predilezione (davvero un po’ strana) per l’abbinamento pizza-banana.
E pensare che nei favolosi anni ’80 quelli strani sembravano quelli di Pizza Hut, che avevano inventato la pizza “Hawaiana”, con prosciutto cotto e ananas: allora considerato un abbinamento obbrobrioso, ora sembra persino banale, tipo prosciutto e funghi…

 

Ratzinger, da professore a Papa

Nel 1977, a 50 anni, Joseph Ratzinger (1927-2022) era uno stimato docente di teologia. Ma Papa Paolo VI gli chiese un sacrificio: lasciare la sua cattedra all’Università di Ratisbona, in Baviera, per diventare Arcivescovo di Monaco. Il resto è storia…

Pelé, “uomo immagine” e ricco imprenditore di se stesso

Pelé era semplicemente…Pelé.
Molto di più di uno sportivo, molto di più di un fuoriclasse: un’icona per il suo Brasile e per tutto il mondo. Ma anche un perfetto “uomo immagine” e imprenditore di se stesso – come si dice oggi sui social -, all’avanguardia assoluta per quei tempi (anni ’60-70-80). Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, Pelé ha commercializzato e “sfruttato” al meglio la sua immagine, nonostante i guadagni siano stati molti diversi rispetto a quelli dei personaggi sportivi sponsorizzati dei giorni nostri.
Proprio nei giorni della veglia funebre di decine di migliaia di brasiliani – compreso il presidente Lula – allo stadio “Vila Belmiro”, lo stadio del “suo” Santos, il quotidiano spagnolo AS ha calcolato i guadagni e l’eredità lasciata da Pelè alla sua famiglia: la cifra ammonta intorno a circa 115 milioni di dollari.
L’eredità verrà suddivisa tra i vari figli. Pelè, infatti, ha avuto due figlie, Cristina e Jennifer Kelly, e un figlio, l’ex portiere Edinho, dalla sua prima moglie, Rosemeri Cholbi. Dalla seconda moglie, Assiria Seixas Lemos, ha invece avuto due gemelli Joshua e Celeste. Un’altra figlia, Flávia Christina Kurtz Nascimento è nata invece fuori dal matrimonio, in quanto frutto della relazione con la giornalista Lenita Kurtz. C’era poi una settima figlia, Sandra Arantes, morta però prematuramente nel 2006.
Una parte dell’eredità andrà anche all’attuale moglie, Marcia Aoki, che lo ha assistito giorno e notte fino alla morte, avvenuta a 82 anni all’ospedale Albert Einsten di San Paolo del Brasile, in seguito ad un tumore al colon diagnosticato nel settembre 2021.
La maggior parte dei guadagni Pelé li ha accumulati con la pubblicità; “Non sono diventato ricco con il calcio, come fanno i giocatori di oggi – aveva rivelato diverse volte -. Guadagnavo con la pubblicità quando ho smesso di giocare, ma non ho mai voluto pubblicizzare tabacco, alcol, politica e religione”.
Stando al sito specializzato Playersbio, durante la sua carriera da calciatore Pelé avrebbe guadagnato in totale 15 milioni di dollari, 6 dei quali che gli sarebbero stati garantiti dai New York Cosmos (in cui giocarono anche Beckenbauer, Chinaglia e molti altri). A questi, andrebbero aggiunti circa 14 milioni derivanti da contratti di sponsorizzazione con marchi come Puma, Hublot e Volkswagen. Ma chi non ricorda il famoso spot del deodorante Brut 33, dove Pelé diceva: “Quando faccio una cosa, mi piace farla bene”? Indimenticabile. Anche per il sottoscritto, benchè all’epoca fossi solo un bambino.
Negli anni, oltre ad aver recitato nel celeberrimo film Fuga per la Vittoria, Pelé è stato oggetto di film e documentari a lui dedicati (come il più recente “Pelé – Birth of a Legend, del 2016), oltre ad essere nominato ambasciatore per le Nazioni Unite e dichiarato “Tesoro nazionale” del Brasile.
Importanti guadagni sono arrivati anche dalle sue autobiografie, diventati veri e propri best-seller, investendo poi in splendide proprietà, che con il tempo hanno aumentato il loro valore.
Nonostante questa ricchezza immensa, dal 2008 riceveva pure una pensione dell’equivalente di quasi 1.000 euro al mese, in quanto ex atleta professionista.
Come detto, il suo patrimonio netto è stimato a 115 milioni di dollari, un “tesoretto” niente male, che lo pone, però, lontanissimo anni luce dalle attuali star del pallone – da Cristiano Ronaldo e Messi, passando per Ibrahimovic e Neymar – nella classifica dei calciatori più ricchi al mondo.

People wait in line to enter Vila Belmiro stadium where Pele, the late Brazilian soccer great lies in state in Santos, Brazil, Monday, Jan. 2, 2023. (AP Photo/Matias Delacroix)