In un mondo sempre più alla ricerca di personaggi o, quantomeno, di figurine da sventolare come idoli e come modelli da seguire, gli ultimi giorni hanno portato alla ribalta – per ragioni ben diverse: sport e cronaca nera – tre ragazzi che qualcuno, non del tutto disinteressato, definirebbe “la nuova Italia”. Uno di loro, Moise Kean da Vercelli, classe 2000, già la rappresenta, l’Italia: almeno con la maglia azzurra della nazionale, capace di battere tutti i record di precocità, grazie ai gol segnati contro Finlandia e Lichtenstein. Lui, un posto in Paradiso, ad appena 19 anni, se l’è già conquistato. E se saprà mantenere la testa sulle spalle (cosa, peraltro, non così semplice, quando si arriva a quei livelli), il giovane Moise avrà sicuramente un grande futuro da calciatore davanti a sè. Che poi sia diventato, inconsapevolmente, il simbolo di una fetta d’Italia che adora tutto quello che è “diverso”, questo è un altro discorso. Non so quanto siano farina del suo sacco le dichiarazioni a lui attribuite sullo Ius Soli (una cosa di sinistra) e sul fatto di aiutare i migranti nel loro paese (a casa loro: dunque, una cosa di destra). A me, a noi, a tutti, interessa solo che faccia gol. E, provocatoriamente, ho proposto una coppia d’attacco azzurra composta da Kean e Balotelli: roba da far impallidire Salvini e, forse, speriamo, pure le difese avversarie. Rimane la sensazione, fortissima, che se Kean si fosse chiamato semplicemente Cutrone (un altro giovane leone del calcio italiano) non si sarebbe fatto tutto questo can can mediatico-politico-buonista che rischia di travolgere, speriamo di no, lo stesso Kean.
Dall’altra parte, ci sono gli altri due Eroi della settimana: Ramy e Adam, italiani, ma non cittadini italiani, per colpa (o per merito?) di una legge che – sbagliata o giusta che sia – non permette di avere automaticamente la cittadinanza italiana ai figli degli stranieri, anche se nati in Italia. Si chiama Ius Soli: esiste in alcuni paesi, come gli Usa, ma non esiste in molti altri paesi. Se n’è parlato, nella politica italiana, poi si è smesso di parlarne e, ora, si è ricominciato a discuterne. Per merito (o per colpa?) proprio di Ramy e Adam, che sono stati tra gli eroi-bambini – forse non gli unici, sicuramente i più mediatici – ad aver sventato la strage dell’autobus guidato dall’autista italo-senegalese Ousseynou Sy. Lui sì con la cittadinanza italiana, che forse presto gli verrà (giustamente) tolta. E anche qui, che bordate di ipocrisie: quasi non si può più dire – e nemmeno pensare – che un tizio senegalese con cittadinanza italiana non sia comunque di origine senegalese. Sembra quasi di essere arrivati al controsenso, al razzismo al contrario. E qui non c’entrano proprio i partiti, di destra o di sinistra, c’entra solo il buon senso. Si dice “calciatore senegalese”, non si può dire “autista senegalese, ma con passaporto italiano?”.
Liquidato l’autista con la pena che si meriterà, Ramy e Adam si sono meritati la cittadinanza italiana, “regalata” loro per meriti civili da un Salvini prima titubante e poi addirittura “padre adottivo” dei due ragazzi. A quali, sinceramente, auguriamo di cuore due cose: di tornare presto nell’ombra delle loro vite normali (dopo un episodio straordinario di vita) e di fare buon uso della preziosa cittadinanza italiana. Preziosa, si. Anche per gli italiani. Di prima, seconda, terza generazione, e quel che verrà-
Peccato che spesso ce ne dimentichiamo.