IL SOGNO DELLA FINALE DI TENNIS


Stanotte ho sognato che stavo per disputare la finale del torneo di tennis 🎾 di Wimbledon, contro Carlos Alcaraz. Ma non ero Jannik Sinner, ero proprio me stesso, Cristiano Tassinari, con la mia “certa” età e con qualche tonnellata di troppo.
Grazie ad un buon gioco da “formichina” da fondo campo e ad un tabellone fortunato (negli ottavi ho eliminato il vecchio Djokovic, nei quarti il russo Medvedev si è ritirato perché è dovuto partire per il fronte ucraino e in semifinale ho battuto l’australiano De Minaur, che soffriva di dissenteria!), sotto la guida del mio allenatore Roberto Meotti (già prezioso sparring partner in gioventù al paesello) e con il fondamentale aiuto del mental coach Diego Malcangi, ho superato le qualificazioni e sono arrivato in finale. Comunque vada, salirò al numero 286 della classifica mondiale e riceverò un bel bonifico sul mio anemico conto corrente….
Quella domenica di luglio, arrivo all’All England Club di Wimbledon in ritardo, appena un quarto d’ora prima dell’orario previsto per l’inizio del match, perché l’autobus non è passato e non mi sono potuto permettere di prendere un taxi. All’ingresso mi scambiano per un “ragazzo” del McDonald’s e vogliono spedirmi a friggere patatine, poi interviene il grande ex tennista John McEnroe, che mi riconosce come la “meteora” del torneo e mi accompagna fino agli spogliatoi, ovviamente dopo che ho voluto fare il selfie con lui. Mentre Alcaraz è già sul campo in erba ad allenarsi davanti a migliaia di spettatori, io sono nel mio spogliatoio ad insistere con il tizio direttore del torneo che voglio mettermi la maglietta nera (“Perché sfina, c’è la diretta tv su Supertennis!”, gli dico, inutilmente), ma alla fine devo proprio indossare la maglietta bianca che “fa tradizione” e che ho comprato al mercato, una Nike taroccata in “Mike”….
Finalmente entro in campo, tra il boato degli italiani che vivono a Londra e che vedono in me una sorta di “riscatto sociale”, pensa te!
Mi faccio un selfie, incredulo di essere arrivato a Wimbledon dopo aver giocato a tennis per anni, alla sera, nella palestra della vecchia scuola elementare Massimo Malaguti e dopo aver perso più volte in carriera dal noto “Bam Bam”, la mia bestia nera, il temibile baffuto operatore ecologico del paesello, alto 1,55, che più volte mi ha eliminato da tornei prestigiosi disputati al vecchio Tennis Club Sant’Agostino in terra rossa, di cui ho fatto il custode nel lontano 1990. Bella storia strappalacrime, da raccontare a “Verissimo” (la Toffanin mi ha già invitato!)…
Ma, in fin dei conti, se in finale a Wimbledon c’è arrivato pure Berrettini, perché non io?
Tra i messaggi ricevuti c’è quello del mio compagno di doppio Gianfranco Pecile, quello del mio manager Riccardo Maccaferri, quello dell’amico Massimo Piattella, che mi sta guardando di notte in tv dall’Australia, quello del mitico grande ex tennista Michele Morselli che mi guarda dal Brasile, e quello di Nicola Pietrangeli, che mi dice che, anche se dovessi vincere Wimbledon, rimarrà comunque lui il più grande tennista italiano di tutti i tempi, altro che Sinner, Panatta, Ocleppo e Tassinari…
In tribuna, intravedo l’inviato Matteo Musso pronto a scrivere un bell’articolo sul “Carneade” del tennis italiano e in postazione tv ci sono i grandi Omar Camporese e Paolo Bertolucci. Se ci fossero anche Giampiero Galeazzi, Rino Tommasi e Gianni Clerici…
Mia moglie e mio figlio non ci sono, perché lui aveva la partita del torneo regionale di calcio e poi preferisce il ping pong al tennis…
Intravedo anche l’amico Luca Bertalotti, a cui ho trovato un biglietto in prima fila, praticamente di fianco alla Principessa Kate e ai marmocchi reali presenti in tribuna.
Mentre Alcaraz sta provando il suo potente servizio, io scorro un attimo Facebook: Fedez ha scritto che ho un accento troppo emiliano e sembro Andrea Roncato da vecchio, Salvini mi fa il suo “in bocca al lupo” per la finale e mi sono subito toccato (ferro!), mentre molti “haters” commentano che sono troppo grasso per fare l’atleta, un po’ come quel coreografo e ballerino con la ciccia…
Il giudice arbitro mi dice che è ora di iniziare, anche se ho fatto zero riscaldamento.
Foto di rito – quella che vedete qui sotto – tra me e Alcaraz: ne farò un bel quadretto in soggiorno a casa!
Alcaraz, con la sua nota simpatia, mi stringe la mano tipo tenaglia e mi dice: “Sono obbligato a darti una vera lezione di tennis!”.
A me non mi frega molto delle sue parole: che vinca o che perda, io sono già contento di essere lì!
Poi, il sogno finisce così, all”improvviso, con il tabellone ancora sullo 0-0, senza sapere se ho vinto o perso. Lasciandomi…sognare una clamorosa vittoria!
(Se volete il mio pronostico, vince Alcaraz 6-4 7-6 6-1, ma solo perché mi sono venuti i crampi e perché i salatini ai wurstel, ad ogni cambio di campo, mi hanno leggermente appesantito!).
Ma perché ho fatto questo sogno?
Voglia di “Momenti di Gloria”?
O, a forza di parlare di tennis e di Sinner, ho voluto inconsciamente trasformarmi in un atleta di successo?
O semplice desiderio di una sfida che abbia il sapore del riscatto sociale?