Il primo e unico quadro dei Beatles: artisti sempre e comunque!!!

I “Beatles pittori” sono decisamente poco conosciuti al grande pubblico e, proprio per questo, un loro quadro (il loro unico quadro!) raggiungerà una valutazione astronomica.
Una tela di schizzi colorati dei “Fab Four” verrà battuta all’asta da Christie’s a New York il prossimo 1° febbraio, con una stima (iniziale) tra i 400 e i 600mila dollari!
In piena epoca “psicadelica” del gruppo di Liverpool, si tratta di un acrilico e acquerello su carta giapponese, dal…titolo “Senza titolo”, e sarà messo in vendita durante “The Exceptional Sale” di Christie’s, che propone lotti eccezionali, provenienti da personaggi altrettanti eccezionali.
L’opera è stata realizzata ad otto mani durante la tournèe in Giappone del 1966: John Lennon, Paul Mc Cartney, Ringo Starr e George Harrison passarono due notti intere chiusi nel loro albergo di Tokyo a dipingere, apponendo poi le loro firme al centro del quadro.

Secondo il fotografo Robert Whitaker (scomparso nel 2011), che documentò il “blindatissimo” soggiorno dei Beatles nella capitale giapponese, il dipinto fu completato in due notti nella stanza 1005 dell’Hilton Hotel di Tokyo.
Whitaker, famoso proprio per le sue fotografie “beatlesiane”, di quei giorni ricordò che “Smettevano di dipingere, andavano a fare un concerto e poi dicevano: “Torniamo al quadro!”. Aggiunse anche: “Non li ho mai visti così calmi o soddisfatti come in quel periodo”.
Nella scheda critica nel catalogo di Christie’s si racconta che la suite presidenziale dell’Hilton Hotel fu una sorta di “lussuosa prigione”, dove i Beatles trascorsero gran parte delle 100 ore in Giappone, dal 29 giugno al 3 luglio 1966.

Una volta conclusa, l’opera fu regalata al Beatles Fan Club di Tokyo, poi acquistata dall’allora presidente del Fan Club, Tetsusaburo Shimoyama, imprenditore del settore discografico.
I Fab Four non diedero mai ufficialmente un titolo all’opera, ma, negli anni ’80, un giornalista giapponese la battezzò “Images of a Woman“, perché il segmento del dipinto di McCartney gli ricordava i genitali femminili.
Alla morte di Shimoyama, nel 1989, il dipinto venne venduto all’asta al collezionista Takao Nishino, che lo ha tenuto…inscatolato sotto il letto per proteggerlo dall’umidità per più di tre decenni.
La storia dei Beatles, purtroppo, non racconta di altri picchi di fervente creatività pittorica come quelle due notti indimenticabili e irripetibili trascorse a Tokyo. Per cui, questo quadro “unico” merita sicuramente un posto nella storia dell’arte.
Non fosse altro per i nomi, indelebili, dei quattro autori.

Ciao Giggirrivva!

Che calciatore e, soprattutto, che uomo!
Il mondo del calcio italiano (e non solo del calcio) ha tributato il doveroso omaggio ad un grande campione, che ha saputo diventare il simbolo di un’intera terra: la Sardegna.
Per il resto, le sue imprese sportive parlano da sole…

E per tutti resterà Giggirrivva!

Proprio giorni felici, con “Happy Days”!

15 GENNAIO 1974: la tv americana ABC mette in onda la prima puntata di HAPPY DAYS.

La serie narra le vicende di una famiglia borghese degli anni cinquanta e sessanta (il periodo va, presumibilmente, dal 1953 al 1963) che vive nella città di Milwaukee, nel Wisconsin.

Vi viene rappresentata la vita, l’amicizia, l’amore, le feste, il cinema, la cultura, la musica, l’esilarante divertimento e lo stile di vita di quella generazione di adolescenti americani che hanno vissuto il “Sogno Americano” nella luminosa e prospera epoca degli Anni ’50 (e primi ’60), quella stessa epoca compresa fra la fine del coinvolgimento statunitense nella Guerra di Corea e la vigilia di quello della Guerra del Vietnam.

In maniera forse un po’ stilizzata, viene presentato il modello dell’American Way of Life nei suoi aspetti più positivi, immerso in questa coloratissima serie imperniata sulle innumerevoli avventure di Richie, Potsie, Ralph Malph, il famoso Fonzie, la famiglia Cunningham ed una miriade di altri personaggi che compaiono con l’avanzare della serie.

La famiglia Cunningham è composta da Howard (Tom Bosley), proprietario di un negozio di ferramenta, da sua moglie Marion (Marion Ross), casalinga, e dai figli Charles detto Chuck, Richard detto Richie (Ron Howard) e Joanie (Erin Moran). Il figlio maggiore Chuck appare sporadicamente solo durante la prima e la seconda stagione (interpretato da due diversi attori, Gavan O’Herlihy e Randolph Roberts), per poi scomparire dal cast senza spiegazioni da parte degli autori, lasciando solo i due figli minori in età adolescenziale.

Il quadro è completato dai migliori amici di Richie, Ralph Malph e Warren Webber “Potsie” (in particolar modo il secondo avrà dapprima un ruolo maggiore del primo, in quanto sarà identificato nelle prime puntate come il miglior amico di Richie e inizialmente sarà l’unico dei due a comparire nella sigla iniziale), e soprattutto da Arthur Fonzarelli, detto Fonzie (o anche The Fonz nella versione originale), meccanico rubacuori con più di un tocco alla James Dean, che all’inizio della terza stagione andrà a vivere in un piccolo appartamento ricavato sopra il garage dei Cunningham.

Nato come tipico duro e delinquente giovanile anni ’50 di poche parole, che avrebbe dovuto avere un ruolo marginale nel telefilm per dare un tocco di realismo maggiore, il personaggio, visto il successo che ottenne, si trasformerà ben presto quasi in un membro della famiglia Cunningham, che fa da mentore a Richie grazie alla sua maggiore esperienza, prendendo così quello che avrebbe dovuto essere il ruolo del fratello maggiore Chuck, il quale probabilmente sparì dalla serie per questo motivo.

Nel corso della serie, altri personaggi intrecciano le loro storie con quelle dei protagonisti: fra i più importanti vi sono Arnold e Alfred, che si alternano come proprietari del locale frequentato dai giovani, “Arnold’s”, e Chachi Arcola, cugino di Fonzie che è innamorato di Joanie. Dopo la settima stagione, Richie e Ralph lasceranno la serie e faranno la loro comparsa nuovi personaggi, tra cui il principale è Roger Phillips, nipote di Marion, che va ad abitare in casa Cunningham e che prende il posto di Richie come controparte di Fonzie nello svolgimento degli episodi.

Le storie proposte da Happy Days sono in massima parte incentrate sui problemi del passaggio dall’adolescenza alla maturità, più in specifico sui rapporti con sé stessi e con l’altro sesso, affrontati comunque con leggerezza e ironia. Sia i coniugi Cunningham che Fonzie, anche se in modo diverso e alle volte opposto, sono per i personaggi più giovani gli esempi, la cui autorevolezza si basa sulla saggezza dell’esperienza.

Quel “poliziotto biondo”….

È morto Hutch! ❤️
Oggi ci ha lasciati David Soul, 80 anni, l’attore che interpretava “il poliziotto biondo” in “Starsky e Hutch”, uno dei telefilm-mito della mia e della nostra infanzia e adolescenza (92 episodi tra il 1975 e 1979).
David Soul era rimasto sempre veramente amico di Paul Michael Glaser, il “poliziotto moro”, Starsky, il mio preferito.
E un pezzo di quella gioventù diventa sempre più lontana, ma è pur sempre bello ricordarla: anche attraverso le repliche di “Starsky e Hutch”!
Rip.

“L’Amor senza baruffa” fa sempre centro!

La Compagnia Teatrale “The Teatroci Theatre”, per gli amici semplicemente “I Teatroci”, ringrazia tutti gli spettatori (tanti!) che sono venuti a Torino, al Teatro Sant’Anna, a trascorrere il pomeriggio di domenica insieme a noi, per la commedia “L”Amor senza baruffa fa la muffa”.
Ringraziamo, in particolare, la Confartigianato di Torino e la mitica manager Patrizia Del Zotto per l’organizzazione, che ci ha consentito di raccogliere fondi per l’Associazione “Basta Poco” di Ventimiglia, che svolge un’attività molto importante.
Tra gli spettatori, un ringraziamentoo speciale alla Maestra di teatro Carlotta Bisio per la sua presenza, e a Patrizia Negro e Patrizia la Neve per aver creduto in noi e aver prenotato da tempo i biglietti.
L’intera compagnia ringrazia di cuore ❤️ l’amico Massimo Bertocchi per averci letteralmente “salvato” lo spettacolo con la sua presenza.
In bocca al lupo, naturalmente, a Marco Sarro, che speriamo di rivedere presto sul palcoscenico con noi. Anche se la sua voce “da Dio” riecheggia sempre nella commedia.
Il resto della comitiva è composto dalla regista Erica Maria Del Zotto, dal capocomico Gualtiero Papurello, dai vecchietti Cristiano Tassinari, Paola Ivaldi e Luca Bertalotti, dalla perpetua Caterina Fera, dal light&sound engineer Mirco Negri, dall’assistente trucco&parrucco Anto Macrì, dalla fotografa di scena Natascia Macrì, dallo scenografo Luca Montabona, dal nostro “agente segreto” Nicola Carnovale, dal “locandinografo” Riccardo Cestaro e, naturalmente, da Amilcare-Santiago, che sembra essersi divertito un sacco a stare in scena.
Un ringraziamento al mitico regista Pasquale Ieluzzi, grazie al quale l’intera commedia sarà presto visibile a tutti su YouTube.
Un ringraziamento speciale, infine, per il “padrone di casa” del Teatro Sant’Anna di Torino, Luis Gonzalo Portilla Ruiz, che ogni anno ci accoglie con professionalità, simpatia e comprensione.
Al Sant’Anna ci rivedremo domenica 20 ottobre 2024!
Ma, prima, segnatevi un’altra data: domenica 25 febbraio 2024 presenteremo la nostra nuova commedia, dal titolo “Post-it”, dedicata ai difficili rapporti genitori-figli, ma sempre con la nostra consueta leggerezza. Sarà l’occasione per rivedere insieme a noi anche Federica Fulco, Alessandro Iulianelli, Manuela Di Franco e, per la prima volta sul palco, il “giovane” Christian Iulianelli…
L’appuntamento sarà a Torino, al Teatro Cardinal Massaia. Poi, speriamo di andare in giro un po’ ovunque, stiamo organizzando il cartellone della tournée: vi terremo aggiornati.

Grazie ancora di cuore ❤️.

 

Le troppe parole del dolore

L’ondata emotiva e mediatica ci ha travolti. Ormai da giorni e giorni, telegiornali, trasmissioni tv, giornali e social non fanno altro che parlare e discutere del caso di Giulia e Filippo, i due giovani fidanzati veneti, poi diventati ex, poi diventati ben altro: lei una vittima innocente, lui un assassino spietato e calcolatore.
Troppe, però, le parole attorno a questo dolore.
Troppe, da parte degli stessi familiari.
Personalmente, mi infastidisce sentire la sorella della povera Giulia pontificare contro tutti gli uomini e contro la “cultura del patriarcato” e dire “bisogna bruciare tutto”. Ma tutto cosa?
Mi infastidiscono anche tutte le interviste rilasciate dal padre di Giulia e dal padre di Filippo, il killer, per il quale, in fin dei conti, “la vita continua”.
Per lui, per il figlio assassino, ma non per Giulia.
Ma, sicuramente, sono parole dettate dal dolore e dalla disperazione.
Mi infastidisce questa ennesima spettacolarizzazione del dolore: 20 anni dopo Cogne e la Franzoni è persino peggio.
Qualcuno mi ha chiesto: “Perché dovrebbero tacere? Le donne tacciono da troppo tempo e questo è il risultato”.
Non sono convinto che sbraitare sia una valida alternativa. Forse lo saranno i corsi di “affettività” ed “educazione sentimentale” proposti nelle scuole, chissà, sicuramente conterà di più la certezza della pena, appena verrà finalmente varata una legge molto più dura di quella attuale sullo stalking, con condanne severissime già alle prime minacce da parte di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati.
Casi singoli, tantissimi certo, ma senza tirare fuori per forza la storia del patriarcato e di tutti gli “uomini cattivi”.
Troppo rumore, troppe parole.
Ma forse è nella nostra natura di essere umani volerci “sfogare” e non tenerci tutto dentro.
Eppure vorrei che fossimo tutti come i genitori di Yara Gambirasio: ve li ricordate? Una conferenza stampa, una volta, e poi basta.
Fine delle inutili parole. Silenzio. Il silenzio del dolore.
Con grande dignità.
Qualcuno mi ha chiesto: “E se fosse successo a tua figlia, che avresti fatto”?
Silenzio. Il silenzio del dolore.
Almeno credo.
Spero di non scoprirlo mai.

Troppe mine antiuomo nel mondo: l’allarme della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine

Nonostante siano trascorsi oltre 25 anni dall’adozione dello storico Trattato (o Convenzione) per la messa al bando delle mine, firmato a Ottawa (Canada) il 3 dicembre 1997, le mine terrestri antiuomo sono ancora armi da guerra letali e causano danni catastrofici a persone e comunità.

È stato pubblicato un rapporto – “Landmine Monitor” – sul monitoraggio delle mine terrestri, commissionato dalla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo (ICBL)che esamina la portata del loro uso e chi le sta ancora utilizzando.

Nel 2022 sono state uccise o ferite dalle mine 4.710 persone, compresi 1.171 bambini.

Gli ordigni esplosivi uccidono e feriscono durante le guerre e, vigliaccamente, anche molto tempo dopo la fine delle guerre.

Le mine vengono posizionate sopra o sotto il terreno ed esplodono al contatto con chi le calpesta inavvertitamente, o anche solo in presenza di un minimo contatto.

I bambini, ad esempio, giocano in terreni che potrebbero essere minati: non c’è da meravigliarsi, quindi, che siano proprio loro i soggetti maggiormente a rischio.

Secondo il report 2023, il maggior numero di vittime delle mine è stato registrato in Siria, Ucraina, Yemen e Myanmar.

  1. Siria: 834
  2. Ucraina: 608
  3. Yemen: 500
  4. Myanmar: 500

Le mine antiuomo vengono generalmente posizionate a mano, ma possono anche essere disperse da aerei, razzi e artiglieria o da veicoli specializzati.

Le mine terrestri distruggono i mezzi di sussistenza, negano l’uso del territorio e ostacolano ulteriormente l’accesso ai servizi essenziali e agli aiuti umanitari in almeno 60 Paesi e territori nel mondo.

Secondo il “Landmine Monitor 2023” dell’ICBL (Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo), i paesi più “contaminati” dalle mine antiuomo sono:

  • Afghanistan
  • Bosnia-Erzegovina
  • Cambogia
  • Croazia
  • Etiopia
  • Iraq
  • Turchia
  • Ucraina
L’ICBL chiede l’adesione universale (di tutti i Paesi del mondo, quindi) al Trattato sulla messa al bando delle mine, e la sua piena attuazione, compresa la distruzione e l’eliminazione di tutte le mine antiuomo ancora presenti e attive.

Il Trattato di Ottawa comprende 164 Paesi nel mondo.
USA, Russia e Cina non hanno mai firmato né ratificato il Trattato.

33 Stati membri dell’Onu non aderiscono al Trattato.

Soldati cileni sorvegliano una zona minata al confine con il Perù.

Lettere d’amore (senza tempo) ai marinai. 260 anni dopo….

L’affascinante mondo delle lettere, anche 260 anni dopo essere state scritte.

Le ha scoperte uno storico francese, Renaud Morieux, negli archivi di Sua Maestà: una serie di lettere scritte a marinai francesi è stata finalmente aperta e studiata.

La loro nave “Galatee” fu catturata dagli inglesi durante il viaggio da Bordeaux al Quebec nel 1758, al culmine della Guerra dei Sette Anni (1756-1763), che vide Francia e Regno Unito negli schieramenti contrapposti.

I marinai a bordo finirono come detenuti nelle prigioni del Regno Unito.

Le lettere vennero inviate soprattutto da mogli e madri, che non conoscevano il destino dei loro mariti e figli.

“Potrei passare la notte a scriverti…
Sono la tua moglie fedele per sempre”.

 Marie Dubosc al marito Louis Chambrelan, primo tenente della nave francese Galatee (1758)1758.
 
Louis non ricevette mai la lettera e sua moglie morì l’anno successivo, quasi certamente prima che fosse rilasciato dagli inglesi.

“Mi sono reso conto subito che non si trattava di lettere ufficiali, di diplomatici, di aristocratici o dell’alta borghesia, ma lettere di gente comune. E così il mio battito cardiaco ha accelerato…

Ho capito subito che si trattava davvero di un oggetto unico, ed è stata davvero l’emozione più grande che abbia mai provato come storico”, racconta il professor Renaud Morieux, docente di Storia europea al Pembroke College  dell’Università di Cambridge.
 

Le lettere offrono uno spaccato straordinariamente “reale” della vita delle famiglie comuni attorno alla metà del Settecento.
Alcune lettere esprimono amore e fedeltà ai mariti e ai fidanzati assenti.
In un’altra – datata 27 gennaio 1758 – una madre, Marguerite (61 anni), rimprovera il figlio Nicolas Quesnel di non scriverle mai.

“Penso più a te che tu a me…
In ogni caso ti auguro un felice anno nuovo, pieno di benedizioni del Signore”.

 La lettera di Marguerite al figlio Nicholas

La maggior parte di chi ha scritto queste lettere non ha mai piu rivisto i propri cari.

Lettere conservate gelosamente

I funzionari dell’Ammiragliato britannico, all’epoca, ritenevano le lettere prive di significato militare e la stragrande maggioranza languiva negli archivi, non aperte, finché non hanno attirato l’attenzione del professor Morieux.

“Ho ordinato la scatola solo per curiosità”, racconta Morieux, i cui risultati sono stati pubblicati martedì sulla rivista “Annales. Histoire, Sciences Sociales”.

Tre pile di lettere molto piccole, tenute insieme da un nastro: Morieux ha detto di “aver realizzato che ero la prima persona a leggere questi messaggi molto personali, da quando sono stati scritti. I destinatari previsti non hanno avuto questa possibilità. È stato molto emozionante”, ha confessato il professor Morieux.

Lo storico ha identificato tutti i membri dell’equipaggio della “Galatee”, composto da 181 persone, con lettere indirizzate a un quarto di loro, e ha condotto ricerche genealogiche sugli uomini e sui familiari che hanno loro indirizzato queste lettere.
“Queste lettere parlano di esperienze umane universali e non riguardano solo la Francia o il XVIII secolo”, ha aggiunto Morieux. “Rivelano come tutti noi affrontiamo le principali sfide della vita. Quando siamo separati dai nostri cari a causa di eventi al di fuori del nostro controllo, come la pandemia o le guerre, dobbiamo capire come rimanere in contatto, come rassicurare, come prenderci cura delle persone e mantenere viva la passione. Oggi abbiamo Zoom e WhatsApp”, conclude il professor Morieux, “ma nel XVIII secolo le persone avevano solo le lettere. Eppure ciò di cui scrivevano sembra molto familiare”.