“A Mandrà….te possino…”: Gigi Proietti ricordato da Enrico Montesano
di Ilaria Floris (Adnkronos)
“A Mandrà… ma proprio er giorno der compleanno tuo. Ma non potevi aspettare qualche giorno… ci hai preso in contropiede, te possino”. E’ un Enrico Montesano visibilmente emozionato quello che, raggiunto telefonicamente dall’Adnkronos, sceglie le parole dell’indimenticabile ‘Er Pomata‘ per commentare la notizia della scomparsa di Gigi Proietti. “Non mi vergogno a dirlo -dice Montesano senza retorica- sono cristiano, e stamattina presto ho detto una preghiera, un requiem aeternam per Gigi”.
La notizia lo ha raggiunto all’alba, da parte di un conoscente: proprio ieri sera l’attore aveva guardato con la famiglia, per l’ennesima volta, ‘Febbre da Cavallo’, trasmesso in occasione degli 80 anni che Proietti avrebbe compiuto proprio oggi. “Ho rivisto ‘Febbre da Cavallo’, in casa, con i miei figli, proprio loro hanno voluto rivederlo -racconta l’attore- Un film che ha fatto ridere ancora una volta tutta Italia. Abbiamo potuto ammirare ancora una volta la bravura di Gigi, la sua straordinaria tecnica. Lui riusciva a fare quelle cose pazzesche, quegli scioglilingua, le sue gag, che sono famose e vengono ancora trasmesse da tutti i siti, ci sono appassionati e fan da decenni”.
“Io sono sempre stato un grande ammiratore delle straordinarie capacità tecniche di Gigi. Un timbro di voce bellissimo, non a caso ha iniziato come musicista cantante”, aggiunge l’attore. Le emozioni di Montesano sono tante, si affollano i ricordi di spaccati di vita, di molte esperienze insieme -a partire proprio da ‘Febbre da Cavallo’ e del suo sequel, ‘La Mandrakata’- ma soprattutto di un mondo condiviso, quello del cinema e del teatro di una volta, di quella romanità che si va perdendo sempre più. “Un altro grandissimo pezzo della romanità se ne va con Gigi -afferma Montesano- come quando è morto Albertone, o Vittorio Gassmann, o Mastroianni…sono tutti pezzi di Roma che se ne vanno. Un mondo che non c’è più purtroppo”.
E pensando al set di ‘Febbre da Cavallo’, Montesano sorride – a tratti ride- ancora come se fosse stato ieri. “Allora i film erano pensati -dice- noi siamo i nipotini della commedia dell’arte, Steno era un grande sceneggiatore e ‘Febbre da Cavallo’ è un film suo. Pensando al film, ancora mi viene da ridere pensando ad alcune gag, ai personaggi….ci siamo divertiti”.
Poi un pensiero alla ‘rivalità’ Montesano – Proietti, su cui molto si è detto e che, anche ultimamente, dal covid alle mascherine, sembra tratteggiare il ritratto di due ‘contendenti’. Montesano ci tiene a chiarire: “E’ chiaro che fra primi attori un minimo di gara c’è sempre -spiega- ma è sana, finalizzata a far ridere il pubblico, ognuno a trovare le cose più divertenti. Quando ci sono due primi attori in scena è normale. Fra noi c’è sempre stato un grandissimo rispetto reciproco. E, da parte mia, una grande, grandissima stima per lui. Era davvero un grandissimo attore”.
Il Covid ringrazia (a modo suo)
di Gian Stefano Spoto (L’Opinione)
Carissimi,
Sean Connery: l’agente segreto che ha vissuto un migliaio di volte….
di Eduardo Ferrarese (cinema.everyeye.it)
È sempre difficile in questi casi tenere a freno le emozioni. Ci si chiede quale sia il modo migliore per ricordare un’icona, o se davvero ne esista uno. Perché Sean Connery ha incarnato un modello assoluto di attore, quello che ha azzannato per anni grande schermo e palcoscenico con uno charme e una classe totali: divorava i ruoli senza mai sporcarsi la camicia. E allora come si può ripercorrere una carriera che lo ha trasformato in qualcosa di “oltre”, un Sir della settima arte dentro e fuori lo schermo, che veleggiava fra teatro, televisione e ovviamente cinema, con i capelli sempre in ordine.
Bisogna farlo tramite le emozioni, quelle che ci permettono di sentirlo vibrare sui nostri occhi ogni volta che si accende una sigaretta con il completo da James Bond, o che impartisce lezioni di vita a uno scapestrato Indy. Dopotutto, non è così che si diventa immortali?
Esiste un’immagine più iconica di Sean Connery con la sigaretta in bocca in Agente 007 – Licenza di uccidere? Una manciata di secondi che hanno traslato la carta di Ian Fleming nell’immaginario collettivo mondiale.
Un sorriso, quel “James Bond” pronunciato con gigiona sicumera e la sigaretta leggermente a penzoloni. E in quell’esatto istante, prima di scatenare la sua valanga sul mondo, Sean Connery diventava già immortale, forse senza neanche saperlo.
Qui sta tutta l’importanza che il lavoro dell’attore scozzese ha significato per almeno un paio di generazioni: unire cinema e letteratura, intrattenimento e cinefilia, arte e guadagno.
Il James Bond di Sean Connery è una quintessenza della pellicola, capace di arrivare a qualsiasi tipo di pubblico, conquistando le folle negli anni ’60 e riuscendo a mantenere inalterato il suo fascino ancora oggi.
Come se fosse un passaggio di testimone generazionale nelle domeniche pomeriggio estive, quando la sua Spia spuntava in tv, un genitore cresciuto a pane e cascate di diamanti probabilmente era lì a far appassionare il proprio pargolo al mondo british, spiegandogli perché quello era davvero James Bond. E lo sarebbe stato per sempre.
Poi, improvvisamente, si affastellano decine di altri ricordi. Arriva subito il Prof. Henry Jones Sr., il padre di Indy, quello a cui tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo guardato. E resta lì, vestito di tutto punto, naturale emanazione del suo corpo, cappello, occhialini e barba a farlo già all’epoca uno straordinario gentleman.
Sean Connery riusciva a essere imprescindibile in qualsiasi situazione, perfetto Riccardo Cuor di Leone che suggella matrimoni o poliziotto incorruttibile che demolisce criminali intoccabili.
Il passaggio da icona pop a mentore è stato quasi naturale, attraverso uno dei ruoli che lo ha cristallizzato nel cult: il Ramirez di Highlander – L’ultimo immortale. Un Sir dandy e scapestrato, capace però di rappresentare una sorta di Obi-Wan per chi voleva davvero vivere in eterno cantando i Queen, cercando di non perdere la testa.
E sui nostri occhi resta fisso quel sorriso, che Sean Connery donava a ogni suo personaggio, come se riuscisse a cambiare pelle con estrema bravura senza mai perdere la sua identità. In ogni ruolo quello era Sean Connery, anche se lui ti faceva credere di non esserlo mai.
E poco importa che abbia chiuso la sua carriera con un film meno leggendario di quanto ci si aspettasse: dentro di noi i tamburi dell’Africa vibreranno sempre, e Sean Connery non vivrà solo due volte. Almeno un migliaio in più.
Che casino, ‘sti tamponi!
Maradona: 60 anni di meraviglie, ribellioni e furori
di Darwin Pastorin
(Huffington Post)
Diego Armando Maradona compie 60 anni. Sono giorni di festa, di nostalgia e di nuove sfide per il Pibe, mai stanco – attraverso i social – di dare sfogo alle proprie tenerezze e ai propri furori: ricordando i compagni delle stagioni della gloria e ritornando ad attaccare i poteri forti, i padroni del football, i prepotenti della politica. Per niente facile, Dieguito: esagerato, polemico, ma mai reticente.
E sempre a testa alta.
Per molti, moltissimi è stato il più grande giocatore di tutti i tempi. Lo considero il mio Borges della pelota, così preso dai suoi universi paralleli, dai suoi labirinti, dalla sua passata, ma non perduta poesia. Ritornano i suoi gol memorabili, come in Messico nel 1986 contro l’Inghilterra: dalla Mano de Dios, così meravigliosamente beffarda, al gol più bello di sempre, con gli avversari, increduli e smarriti, saltati come birilli. Guardate e riguardate quell’azione: c’è tutto il genio di un calciatore unico e irripetibile.
Maradona è stato il campione che ha permesso a Napoli, città mondo, di diventare, anche nel calcio, un punto di riferimento internazionale, con più orgoglio e meno pregiudizio. Già, il Napoli: una squadra-simbolo, amata e rispettata da New York a Ouagadougou, da Helsinki a Seoul. Una compagine che divertiva e si divertiva, trascinata, tra dribbling irresistibili e punizioni impossibili, da quel numero dieci dall’umore inquieto e dal sorriso bambino, ora tempesta e ora raggio di sole.
Ho visto Diego giocare, compiere prodezze abbaglianti, perdersi e ritrovarsi. Amato e odiato, diventato un canto popolare e per i partenopei un inno alla felicità e al futuro. Tutto gli veniva perdonato: anche perché sapeva ricambiare quell’affetto immenso e struggente con i suoi colpi d’autore, le sue pennellate d’artista.
Non diventerà mai, Dieguito, triste solitario y final. E non cambierà mai, nel bene e nel male, nella consapevolezza e nelle tentazioni: lui, con il suo cuore ribelle e le sue passioni folgoranti. Mi disse, nei giorni di Siviglia: “Non credere mai alle storie che sentirai su di me. Sono diventato il bersaglio dei falsi perbenisti e moralisti, dei potenti del calcio. Le mie verità fanno male: tenteranno in tutti i modi di chiudermi la bocca, ma tu non dare retta. Tu, se vuoi, difendi l’onore di Diego Armando Maradona”.
60 anni, perennemente in prima pagina, venerato o detestato, sempre sotto i riflettori: ma incapace di recitare una parte, di vestire maschere. Felice compleanno, caro Diego: re del prato verde e della fantasia.
Come cambiano le parole: le novità dei “dizionari del Covid”
La pandemia di Covid-19 sta avendo un impatto notevole anche sullo sviluppo delle lingue in tutto il mondo.
Il primo ad adeguarsi è stato l’Oxford English Dictionary, che con due aggiornamenti straordinari – in aprile e in luglio 2920 ha pubblicato una serie di nuove parole ed espressioni, diventate ormai di uso comune nella lingua inglese.
Non da meno, in Italia, ha fatto lo Zingarelli, lo storico dizionario della lingua italiana edito da Zanichelli.
“La chiusura redazionale dello Zingarelli 2021, per la prima volta realizzata quasi completamente da remoto, è avvenuta in piena emergenza da Coronavirus”, spiega Andrea Zaninello, della redazione di Zanichelli.
“Nel corso dei decenni, il vocabolario ha raccontato la nostra storia attraverso le parole, ha scandito e registrato gli sviluppi dell’italiano e anche i mutamenti culturali e del costume; oggi racconta di un presente per vari aspetti drammatico, fatto di distanziamento sociale, di terapia intensiva, di ventilazione assistita, di sanificazione degli ambienti, di paziente zero, di DAD (didattica a distanza), e così via. Tutte parole che ormai ascoltiamo e ripetiamo ogni giorno, da mesi”.
Già in questa versione dello Zingarelli 2021 sono previste altre novità.
“Abbiamo inserito un nuovo significato del verbo tamponare (cioè: effettuare un tampone) e sigle legate all’attualità, come Covid-19 e Sars-CoV-2. Coronavirus, viceversa, era già presente, poiché indica il genere di virus”.
Ma si sta già guardando al futuro.
“Il prossimo anno, per lo Zingarelli 2022, le sigle Covid-19 e Sars-CoV-2 saranno inserite anche come lemmi e inseriremo l’ormai celebre neologismo “lockdown“, aggiunge Andrea Zaninello.
Anche un altro pezzo da novanta dei dizionari di lingua italiana, il “Devoto-Oli” (Mondadori Educational) – concepito da Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli nel 1967 – ha deciso di aggiornare il proprio dizionario 2021.
Isabella Di Nolfo, che si occupa delle pubbliche relazioni, scrive: “Fedele al suo ruolo di eccezionale testimone del nostro tempo e della nostra storia, il Nuovo Devoto-Oli nella sua edizione 2021 introduce i termini legati alla pandemia e all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e che ha colpito il mondo intero: Covid-19, lockdown, distanziamento sociale, spillover, droplet, autoquarantena, quarantenare, tamponare, termini che ogni italiano ha dovuto imparare a conoscere durante questo anno difficile e sospeso, ma anche termini più specifici come biocontenimento o cisgender“.
Nella versione inglese dell’Oxford English Dictionary, alcune parole e modi di dire in realtà già esistenti sono stati colpiti da improvvisa popolarità: come self-isolation (autoisolamento) e shelter in place (sinonimo di lockdown), ora integrati da descrizioni che ne spiegano l’uso corrente.
Stanno anche emergendo differenze locali; nel Regno Unito, per l’espressione “quarantena volontaria” si usa in effetti il termine self-isolation, mentre negli Stati Uniti si preferisce self-quarantine.
Alcune espressioni hanno persino cambiato significato. Sheltering in place, che prima indicava la ricerca di un riparo durante un evento circoscritto come un tornado o una sparatoria, ora si riferisce ad un periodo prolungato di isolamento sociale.
Con il loro tipico humour, i curatori inglesi non hanno resistito alla tentazione di aggiungere al loro Dictionary anche parole assolutamente nuove, “costruite” dalla fusione di altre parole: è il caso di maskne (l’acne causata dall’uso della mascherina), zoombombing (l’intrusione di sconosciuti in una videoconferenza) e covidiot (chi ignora le raccomandazionati per la sicurezza di tutti).
In tutta Europa, i principali editori di dizionari stanno mettendo a punto gli aggiornamenti “post-Covid” della loro lingua.
E questo, tutto sommato, è un effetto non negativo – diciamo cosi – della pandemia.