VERONA 🇮🇹 Io sono un “turista medio” a cui piacciono ancora le cartoline da spedire a quei 2-3 amici che le gradiscono e che poi ricambiano. Per fortuna, nelle città turistiche italiane, come Verona, si trova ancora qualche edicola, cartoleria o tabaccheria (poche, ormai!) che ha le cartoline della città.
Oggi ne ho comprate due per altrettanti “Fedelissimi”, ma il vero problema è stato trovare i francobolli. Ho chiesto in 5 tabaccherie con la T bella grande e la scritta “valori bollati” e in 4 di esse mi hanno risposto “Non abbiamo francobolli, devi andare in Posta” (eh, certo, alle 3 del pomeriggio…), mentre la quinta mi ha risposto “Ho solo francobolli per l’estero e non valgono per l’Italia”.
Non valgono per l’Italia??? Ma che bella Europa (dis)unita dai francobolli!!!!
A questo punto, non dovrò fare altro – appena tornato a casa – che andare nella mia tabaccheria di fiducia (che i francobolli ce li ha!), leccare il suddetto francobollo sulla cartolina comprata a Verona e imbucarla nella buca di fianco alle Poste, a 200 metri da casa mia. E pazienza se il timbro non sarà “Verona”: certo che la cartolina perde parecchio del suo fascino, ma è il pensiero che conta e poi si fa quello che si può…
Un pippone del genere – ode alla cartolina – lo avevo fatto anche qualche tempo fa, quando mi trovavo a Firenze: avevo scovato le cartoline, avevo portato con me da casa i preziosi francobolli, custoditi gelosamente nel portafogli, tutto sembrava a posto, ma…. in tutto il centro di Firenze non trovai una sola buca delle lettere!
“Le hanno tolte per motivi di sicurezza”, mi spiegò un verace barista fiorentino. Come se tutti volessero mettere delle bombe dentro alle buche delle poste…
Si, lo so quello che pensate: c’è whatsapp, mandi foto e pensieri in tempo reale, che te frega delle vecchie obsolete cartoline?
Beh, io rimango dell’idea che sia bellissimo ricevere ogni tanto una cartolina (non oso pensare una lettera…) invece delle comunicazioni della banca, i depliant pubblicitari e le famigerate buste verdi. O no?
Sarebbe come una improvvisa ondata di leggerezza. ❤️
Lo sbarco imprenditoriale di Messi negli Usa: un business per tutti
E’ davvero “Messimania” a Miami, dopo l’arrivo nella Major Soccer League (MLS), il campionato di calcio americano, di Leo Messi. Una scelta in controtendenza, quella del fuoriclasse argentino, rispetto alla destinazione-Arabia Saudita di tantissimi suoi (meno celebrati, tranne Cristiano Ronaldo) colleghi. A parte la bellezze di Miami – a cui Messi e la famiglia sono legati da tempo, andandovi spesso in vacanza e sentendosi, quindi, praticamente “a casa” – lo sbarco negli States dell’azienda-Messi non è solo calcistico, ma anche e soprattutto imprenditoriale.
Facciamo un po’ di conti: solo di ingaggio dalla sua squadra, l’Inter Miami (di cui è socio anche David Beckham), Messi percepirà 53,7 milioni di dollari all’anno (il contratto, per ora, è biennale). Ma c’è dell’altro. Innanzitutto il contratto con Hard Rock Café, che già da un anno ha lanciato il “Messi Burger”, poi il ruolo di “testimonial” per Adidas e Apple: scarpe, abbigliamento sportivo e un docu-film raccontato dalla stessa “Pulce”, in esclusiva mondiale. Senza dimenticare la sua pubblicità per il marchio francese Louis Vuitton, pronto ad affermarsi ulteriormente Oltreoceano. Inoltre, la sua società PlayTime Sports Tech – aperta da Messi a fine 2022, in coincidenza con la Coppa del Mondo vinta in Qatar – che si occupa di investimenti per club sportivi, media e gruppi tecnologici, sta per spostare la sua sede da San Francisco proprio a Miami.
E non è tutto: Messi è molto impegnato anche in investimenti immobiliari in Florida e, in particolare, a Miami. A cominciare da una proprietà nella Porsche Tower (la torre con l’ascensore per le auto), un’altra nel grattacielo Sunny Island e un paio di mega-appartamenti ce li ha pure nel Trump Royale, il grattacielo con vista mare di proprietà dell’ex inquilino della Casa Bianca. Ma non è in nessuna di queste case che Messi andrà ad abitare con la famiglia, con la moglie Antonella Roccuzzo e i figli Thiago, Mateo e Ciro: il suo agente immobiliare gli ha consigliato un’altra zona residenziale esclusiva come Journey’s End (“La Fine del Viaggio”), dove un certo Jeff Bezos – il numero 1 di Amazon – ha comprato una “casetta” per gli anziani genitori…
Ma la “Messimania” è evidente anche solo respirando per le strade di Miami – sono già comparsi diversi murales a lui dedicati – dove già vive una folta comunità di argentini, nel bel mezzo della città più latino-americana d’America. Tutti vogliono comprare i biglietti per le partite dell’Inter Miami, tutti (anche facoltosi europei) vogliono comprare casa e poi affittarla a pezzi astronomici quando non ci sono. “E non era successa la stessa cosa quando a Miami era arrivato LeBron James”, spiega l’agente immobiliare, “perchè uno è una granfe giocatore di basket, l’altro è un personaggio che conoscono in tutto il mondo”.
E lui, Messi, che ne pensa? Anche se ha annunciato che quello del 2022 sarebbe stato il suo ultimo Mondiale, nel 2026 avrà “appena” 39 anni e i Mondiali si giocano in buona parte negli Stati Uniti (oltre che Canada e Messico). Per cui, un pensierino, chissà…

Una piccola offerta per l’Emilia-Romagna: una goccia nell’Oceano
Non esattamente una botta di allegria, ma fa riflettere…
Io cambierei tutto questo per vivere e godermi quelle passeggiate che non ho mai fatto…. quegli abbracci non dati… quei baci ai figli e ai nostri amori… quegli scherzi che non abbiamo avuto tempo di fare… I viaggi e i momenti da condividere…
“Non c’è pace per il bradipo”: ma voi tiferete per i buoni o per i cattivi?
In contemporanea con il Salone del Libro 2023 di Torino, esce il nuovo libro di Cristiano Tassinari, un giallo scritto a quattro mani con il veterinario-chansonnier Gualtiero Papurello. Il romanzo, dalla copertina in stile “Giallo Mondadori”, si intitola “Non c’è pace per il bradipo“, edito dalla casa editrice “Atene del Canavese“, con la preziosa supervisione dell’agente letteraria Loredana Cella.
Il romanzo dei due novelli “Fruttero e Lucentini” – loro definizione immodesta ma scherzosa – è il naturale seguito di “Pesci Grossi“, pubblicato durante la pandemia in formato cartaceo e e-book (anche su Amazon), e definito “il primo giallo sulla Torino-Lione“, evocando la famosa (e famigerata) linea ferroviaria senza fine, ma anche le due città assai care a Tassinari, ferrarese d’origine, ma torinese di residenza e giornalista free-lance pendolare proprio a Lione.
Se “Pesci Grossi” aveva raccontato la storia di una “eliminazione di massa” dei Grandi della Terra, appunto i “Pesci Grossi” – intesi come leader spietati e disumani, come il presidente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e di altre istituzioni “sanguisuga”, che hanno ispirato tra i lettori una netta divisione tra i buoni e i cattivi – stavolta ci sono “nuovi cattivi” a dare la caccia ai buoni. E chi c’è dietro i cattivi?
Papurello&Tassinari, coppia di…fatto anche a teatro, con il gusto per il colpo di scena, immaginano che il grande “burattinaio” sia il Cattivo per eccellenza di questo periodo. Infatti, il libro – senza voler spoilerare oltre – finisce così: “Vladimir, ti vengo a prendere“…
Un finale thriller, che lascia aperta la storia ad un eventuale terzo capitolo…
L’Eurovision, Mengoni e la nuova bandiera arcobaleno
Non solo per la sua bellissima canzone “Due Vite“, ma anche per la sua umanissima emozione e per l’entrata sul palco di Liverpool durante la “flag ceremony” portando con sè la bandiera dell’Italia e la nuova bandiera Lgbtqi.
Marco Mengoni non è passato inosservato alla finalissima dell’Eurovision Song Contest 2023. Non ha vinto, si è classificato quarto (ma avrebbe meritato molto di più, senz’altro di più della canzone vincitrice, “Tattoo”, scopiazzata qua e là dalla svedese di origine marocchina Loreen), ma ha vinto idealmente e colto nel segno grazie alla sua voce, al suo look e alla sua sensibilità. Che, in questa occasione, lo ha portato ad essere un vero “portabandiera” dei diritti Lgbtqi.
Peccato davvero che Marco non abbia vinto: se lo sarebbe meritato.
L’Italia rimane così ferma a quota tre successi nell’Eurovision: Gigliola Cinquetti (1964), Toto Cotugno (1990) e i Måneskin (2021).
Sui social, in molti si sono poi scatenati nel commentare il gesto del 34enne cantante nato in provincia di Viterbo, scambiando persino questa nuova bandiera per quella della Pace (e qualcuno ha scritto “Quelle dell’Ucraina sono finite?”). Ma tutto fa brodo, è tutta pubblicità…si dice così, no?
The show must go on.
E, allora, scopriamola questa nuova bandiera: cinque colori in più, il bianco, il rosa, l’azzurro, il marrone e il nero, posizionati a lato, quasi come un distintivo o, forse, come un promemoria.
È stata disegnata dal graphic designer Daniel Quasar, per rendere la celebre Rainbow Flag ancora più inclusiva.
Le nuove strisce colorate sono dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi è morto per portare avanti la battaglia dei diritti.
Speriamo di vederla sempre più spesso.
Quando andavo al cinema con mio papà…






Arriva la “Barbie Down”, la bambola più inclusiva che c’è
Milioni di persone in tutto il mondo affetti da Trisomia 21 (più conosciuta come Sindrome di Down) ora hanno una bambola Barbie con cui identificarsi (anche se, in realtà, i lineamenti del viso sembrano assolutamente normali).
La nuova Barbie è stata appena messa sul mercato dalla Mattel: è l’ultima novità della linea “Fashionistas”, che comprende già diverse versioni di Barbie e Ken, che rappresentano minoranze specifiche.
La bambola è stata sviluppata in associazione con la “National Down Syndrome Society of America” (NDSS).
Oltre al vestito giallo e blu, i colori simboli della malattia, la Barbie indossa anche una collana rosa, che rappresenta le tre punte del 21° cromosoma, quello che causa la Sindrome di Down.
“Questo significa molto per la nostra comunità, che per la prima volta può giocare con una bambola Barbie che le somiglia”, ha dichiarato la presidente dell’associazione, Kandi Pickard.
La Mattel cerca così di rappresentare più donne possibili. dopo la Barbie “Curvy”, quella molto alta e quella molto bassa, fino ad arrivare, in anni più recenti, alla bambola non udente, quella sulla sedia a rotelle e quella con una protesi alla gamba.
L’originale, lanciato nel 1959, aveva gambe lunghe, una vita sottile e capelli biondi fluenti.
Secondo uno studio dell’Università del South Australia, c’era una possibilità su 100.000 che una donna avesse le sembianze di una Barbie… Da qui la battaglia di diverse organizzazioni per una bambola più rappresentativa delle donne reali.
Nel 2016 sono così state lanciate Barbie Curvy, Barbie Tall e Barbie Petite, oltre a diverse tonalità della pelle, per rappresentare etnie diverse (e persino l’astronauta Samantha Cristoforetti)…
Secondo i “Centers for Disease Control and Prevention”, la Sindrome di Down è la “condizione cromosomica più comune” diagnosticata oggi negli Stati Uniti. Circa 6.000 bambini nascono ogni anno, in tutti gli Usa, con la Sindrome di Down.
Quando il gelato al pistacchio di Bronte diventa un lusso
Il pistacchio di Bronte non se lo possono più permettere neppure in Germania.
I tedeschi, che hanno scoperto solo poco tempo fa il piacere del gelato rigorosamente “made in Italy” (l’85% delle gelaterie di tutta la Germania appartiene ad italiani), rischiano di dover dire addio ad uno dei loro gusti preferiti.
Un cono con due palline di gelato (se una è al gusto pistacchio) diventa un lusso anche nella ricca “locomotiva d’Europa”.
I costi salgono e si teme che la prossima estate in Germania il prezzo di un cono con due palline di gelato superi la soglia dei 4 euro, che per una famiglia con due bambini è comunque una spesa difficile da affrontare, tutti i giorni, per tutta l’estate…
Come dicevamo, il gelato è stato una scoperta tardiva per i tedeschi, grazie ai gelatai italiani che giungevano per la stagione estiva, soprattutto dal Veneto. Ma oggi non ne possono più fare a meno e ne consumano più di noi: nel 2021, il bilancio ufficiale è stato di 988 milioni di euro, che riguarda anche il gelato industriale, ma è difficile calcolare gli introiti delle piccole gelaterie familiari.
In febbraio, in Germania, il prezzo del latte, l’ingrediente base, in confronto con l’anno scorso, prima della guerra in Ucraina, è salito del 90%, e anche il prezzo dello zucchero. Quello della panna, invece, è sceso del 5%. Rincarati in media del 30% i prezzi di cioccolata, noci, fragola. E il pistacchio è il più caro e diverse gelaterie non offrono più questo gusto, oppure è un pistacchio con sapore artificiale.
“Io, da palermitano, sono un esperto, e quando è verde lo evito. Il vero gelato con pistacchio di Bronte è grigio. Quando lodai un gelataio di Orbetello, lui quasi si commosse: qui in Germania, i clienti non capiscono, non lo vogliono perché non è verde”, racconta Roberto Giardina, storico giornalista e corrispondente da Berlino (vive da quasi 40 anni in Germania), in uno spassoso articolo sulle righe di “Italia Oggi”, che ci ha ispirato questa riflessioni sul gelato.
È diminuito anche il prezzo della vaniglia, un altro dei gusti preferiti dai tedeschi, ma non basta a pareggiare l’esplosione dei costi per l’energia.
La storica gelateria “Sarcletti”, aperta a Monaco nel 1879, pagava fino a dicembre 2022, 5 cent per kilowattora: adesso si è arrivati a 28. Quasi sei volte tanto!
Salgono anche l’affitto e il costo per il personale. L’ anno scorso la paga minima oraria è passata da 10,45 euro a 12 euro, ma è difficile trovare dipendenti, se non pagando di più. Da “Sarcletti”, nella borghese Monaco di Baviera, una pallina costa un euro e 80, appena 10 cent più rispetto all’estate scorsa. Due palline arrivano a 3,50. Prezzi ancora decisamente competitivi.
In Spagna, in Italia e Francia si arriva già a pagare tre euro per pallina e i tedeschi là non si lamentano perché si sentono in vacanza, ma diventano parsimoniosi (se non addirittura tirchi) appena tornano a casa loro.
Secondo l’ultima classifica di settore, la miglior gelateria di Germania si trova a Bonn, la vecchia capitale, ed è ovviamente gestita da un italiano.
La prima gelateria tedesca aprì nel 1799 a Amburgo, ben 244 anni fa. Ma il primo gelato da passeggio, il cono, risale al 1920.
I primi gelatai italiani giunsero verso il 1870, passando dall’Austria. Nel 1933, Hitler cercò di boicottarli, convinto che i gelatai fossero in gran parte ebrei, ma i coni piacevano anche ai nazisti, e dal 1933 al 1937 le gelaterie nel III Reich raddoppiarono, da 2mila a 4mila.
Nel 1935, Langnese (l’Algida tedesca) cominciò a produrre il gelato industriale. E i gelatai italiani? Si limitarono a esporre il ritratto del Führer accanto a quello di Mussolini, comunque convinti che il gelato migliore fosse sempre quello artigianale, fatto in casa e…tricolore (verde-bianco-rosso, mentre la bandiera tedesca è nera-rossa-gialla).