
DAL VOSTRO INVIATO A MODENA

Era l’auto sportiva preferita dalle donne, quelle forti e indipendenti, che attraverso il ruggito della loro Opel Tigra (spesso e volentieri nella versione color giallo pallido: la ricordate) rivendicavano il loro diritto alla libertà.
Anche per questo la Tigra – presentata al Salone dell’Auto di Francoforte 1993 – è un modello “epocale”, praticamente indimenticabile, anche per chi non l’ha posseduta, ma avrebbe tanto voluta.
Ma cosa aveva di tanto speciale la Tigra? Indubbiamente la cosa migliore era la linea, aggressiva e “spensierata” come un vera coupè deve essere. Ma, nella sostanza, la Tigra era poco più di una versione sportiva della Opel Corsa, di seconda generazione, dalla quale ereditò il pianale e gran parte della meccanica. Dunque: un’utilitaria!
Essere considerata un’utilitaria, naturalmente, comportava dei vantaggi di tipo economico, poiché il costo della Tigra restava abbastanza contenuto, ma aveva anche dei limiti (peraltro ben nascosti o considerati poco importanti): rifiniture poco curate, certamente non raffinate e – soprattutto – un’abitabilità scarsa per coloro che erano destinati ai sedili posteriori. Tra l’altro, chi superava i 160 cm di altezza, non poteva proprio starci dentro…
La sua forza, però, era soprattutto l’aspetto estetico: fresco, innovativo, dinamico. E assolutamente moderno. Lo sarebbe anche oggi, nel 2023. La Tigra era una boccata di novità, il suo motivo laterale a “Z” e quello speciale lunotto posteriore la rendevano molto attraente e appetibile. Non a caso, dopo della Tigra, anche Ford e Renault lanciarono la propria coupé compatta: la Puma e la Megane Coach. Ma senza lo stesso successo.
Del resto, la Tigra è un fenomeno a parte: la sua “vita industriale” è durata solo sette anni (e 250.000 modelli venduti in tutto il mondo), perchè la Opel ne cessò la produzione nel 2000, per non fare concorrenza interna alla nuova Corsa. Eppure, dopo 30 anni, siamo ancora qui a parlarne con un filo di nostalgia. Ma se proprio volete fare un tuffo nel passato, si trovano – su Internet – molte Tigra usate in ottime condizioni, ad un prezzo che può arrivare anche ad oltre 6.000 euro…
Gianni Minà ha inventato un nuovo genere di giornalismo: non solo conoscere i fatti, ma conoscere da vicino i anche i personaggi, protagonisti di quegli stessi fatti.
E quindi, Fidel Castro, Diego Maradona, Pietro Mennea, Gabriel Garcia Marquez, Muhammed Alì, Robert de Niro e tanti tanti altri (come con Sandro Mazzola, in questa curiosa foto con Gianni Minaà che guarda altrove)…
Come faceva ad arrivarci? Inizialmente con la sua aria rassicurante, piccoletto, tarchiato e i baffoni: poi, stando dalla “loro parte”, sempre. Sposando in pieno i loro progetti, le loro idee. Forse persino qualcuna sbagliata o discutibile, ma con la forza della coerenza di un grande giornalista. Dotato di una famosa agendina, con tutti i numeri di telefono dei “suoi” personaggi. E a lui bastava alzare la cornetta…
Non è stato Gianni Minà, il mio mito di giornalismo, se mai ne ho avuti. Ma indubbiamente è stato un gigante della televisione, in ogni angolo del mondo e in ogni inquadratura del piccolo schermo. Speriamo che, dietro di sè, abbia lasciato qualche degno erede.
Remake di un film australiano, “Era ora” è davvero bello e commovente, persino da lacrimoni. Ma si ride pure. Edoardo Leo si conferma un grande, sottovalutatissimo dalla critica.
Circa 10.000 persone sono scese in piazza, sabato 18 marzo a Milano, per protestare contro le misure del governo Meloni, che mirano a limitare il riconoscimento dei diritti genitoriali al solo genitore biologico nelle famiglie dello stesso sesso.
La manifestazione è stata indetta da varie organizzazioni per i diritti Lgbt+ che vedono nella decisione una “discriminazione” nei confronti delle famiglie “arcobaleno”.
Tra i momenti più significativi, il flashmob al presidio per il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, organizzato da FamiglieArcobaleno, I Sentinelli e Cig Arcigay Milano.
Migliaia di penne levate verso il cielo di Milano, simbolo delle firme sui registri che non possono essere più apposte.
Tra i manifestanti, anche Elly Schlein, neo segretaria del Partito Democratico, che ha definito ideologica, “crudele” e discriminatoria la “repressione burocratica” del governo sulle famiglie Lgbt+ e ha promesso di spingere affinché una nuova legge.
“Parliamo di diritti calpestati quando sono già riconosciuti dalla nostra Costituzione. Parliamo di ragazze e ragazzi già cresciuti nelle nostre comunità, che frequentano le nostre scuole”, ha dichiarato Elly Schlein. riconosca e protegga meglio i loro diritti.
Questa settimana, il ministero dell’Interno – tramite il Prefetto di Milano, Renato Saccone – ha ordinato al Comune di Milano e al sindaco Beppe Sala di interrompere la registrazione dei bambini nati all’estero come figli di coppie dello stesso sesso.
Queste registrazioni sono un atto burocratico necessario per riconoscere una serie di diritti dei genitori, come l’autorizzazione a cure mediche o la partecipazione a gite scolastiche.
Questa misura limita la potestà genitoriale solo al genitore biologico, nel momento in cui una coppia dello stesso sesso registra i propri figli in comune. Una decisione basata su una legge del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, consentita solo alle coppie eterosessuali,
A luglio 2022, il sindaco di Milano, Sala, ha iniziato ad autorizzare l’iscrizione dei figli delle coppie omosessuali, considerato che esisteva a tutti gli effetti un vuoto normativo e circa 300 famiglie hanno potuto iscrivere i figli come “propri”, e non solo adottati, nel registro civile.
Gli attivisti per i diritti Lgbt+ hanno denunciato il provvedimento come prova dell’omofobia e della discriminazione del governo nei confronti delle loro famiglie e dei loro figli.
“Peggio che in Ungheria”, ha dichiarato il parlamentare Pd, Alessandro Zan.
La commissione Politiche europee del Senato ha infatti approvato con 11 voti a favore su 18 una risoluzione della maggioranza che di fatto affossa il regolamento europeo.
Compatte sul no tutte le opposizioni, ma non è bastato per fermare il blitz della maggioranza. Il testo della risoluzione sostiene che “l’obbligo di riconoscimento del certificato Ue di filiazione non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per cui se venisse adottato sarebbe un’invasione del diritto europeo su quello nazionale”.
Il caviale non più solo come delizioso status-symbol gastronomico, ma anche lussuoso ed efficacissimo prodotto per la bellezza della pelle e del corpo. Benchè il caviale sia usato da tempo in cosmetica, soltanto negli ultimi tempi ha ottenuto – anche in questo settore- il successo e la considerazione che merita.
E sgombriamo subito il campo dai dubbi sui prezzi potenzialmente stratosferici delle creme al caviale: in genere, più costose della media, ma in linea con il mercato d’elite. Tranne per alcuni prodotti di assoluta “eccellenza”.
La più grande qualità del caviale in ambito cosmetico? Combatte l’invecchiamento della pelle, lasciandola liscia e luminosa.
Le creme al caviale sono un toccasana per avere un aspetto più giovane e tonico: è un concentrato di proteine, aminoacidi, acidi grassi, lipidi, minerali e vitamine A, B1, B2, B6 e D, particolarmente indicato per uomini e donne in età matura che vogliono contrastare i segni del tempo.
Creme, sieri e maschere al caviale: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Dall’elisir anti-age al contorno occhi, dalle maschere viso ai trattamenti per le labbra e alle creme per le mani, fino al “Vitabay” alle perle di caviale – un eccellente siero in gel anti-invecchiamento – e al “Locherber Green Caviar”, un mix tra cellule staminali vegetali e caviale botanico, da utlizzare come straordinaria crema anti-age.
Nei negozi di cosmetica, questi sono prodotti che, in confezioni da 30 ml, si possono trovare a 60-70 euro, qualcuno di questi prodotti anche prezzo inferiore.
Il livello sale con la crema Caviar Matis, 100% di caviale francese con ricco contenuto di Omega3, proteine, minerali e citamine al collagene marino alla rosa damascena. Confezioni a partire da 156 euro.
Ma il vero “deluxe” comincia con i prodotti “hors catégorie“, come la preziosa crema al caviale La Prairie, l’apice del lusso in fatto di skincar, con tecniche di bioingegneria per arricchire l’estratto di caviale naturale con gli ingredienti più efficace: in questo caso, una confezione grande costa 1.154 euro! 478 euro quella più piccola…
Che sia a tavola o sulla pelle, in definitiva il caviale resta sempre e comunque un prodotto di lusso: adesso per avere un buon caviale, però, non bisogna più andare al ristorante, bensì in una boutique di cosmetica…