Quello Chalet di lusso in cima al ghiacciaio….

Appassionati di montagna e di neve? Stanchi degli Appennini e delle Alpi?

cco una scelta molto alternativa: l’Alaska! Un nome che già da solo evoca freddo e ghiaccio. Ma, soprattutto, lo Sheldon Chalet…

Proclamato all’unanimità come uno dei “rifugi di lusso” più remoti del mondo e inserito di diritto tra le destinazioni più incredibili della Terra, lo chalet è situato nel Parco nazionale e Riserva di Denali, sulla cima di un ghiacciaio, il Ruth Glacier (quota 1.800 metri) ed è raggiungibile dagli ospiti solo in elicottero, in circa un’ora di volo con partenza dalla cittadina di Talkeetna, in Alaska.
Nei dintorni non c’è niente, ma quel niente basta a sorprendere e a incantare. Parola d’ordine: natura. A 360 gradi. Ovviamente, senza telefono, smartphone, televisione e altre distrazioni, il vero spettacolo è l’aurora boreale, che, con le sue luci e i suoi colori, avvolge il piccolo chalet e regala atmosfere fiabesche. E poi, a partire da giugno (il periodo migliore per andare in Alaska) c’è pure il sole di mezzanotte…

Allo Sheldon Chalet, le camere sono solo 5 (due persone per camera) e per prenotarne una la lista d’attesa è lunga mesi. Nonostante il costo non sia esattamente alla portata di tutti: almeno 25.000 dollari a notte….
BRRRRRR……

Catherine Spaak, donna di classe

Nel giorno di Pasqua ci ha lasciati Catherine Spaak, attrice e conduttrice belga (da una vita in Italia), dotata di humour e di classe, famosa per alcuni film da giovanissima – come “La Voglia Matta” (1962), con Ugo Tognazzi che si invaghisce della 17enne Catherine – e per il suo programma tv “Harem”.
Aveva 77 anni.
Rip.

Quando ci si dimentica (piacevolmente) della mascherina…


Dunque, vi racconto questa.
166° viaggio in Flixbus.
Stop a Rivoli, autogrill quasi da terzo mondo, con cessi luridi che non vi dico, ormai a Torino.
Entro e – dopo 9 giorni in Francia, dove le mascherine non servono più, tranne sui mezzi pubblici – mi dimentico completamente di mettermi la mascherina (e dimenticarsene è bellissimo!), ma prima un cliente con la faccia da brufolo schiacciato e poi, più gentilmente, il barista, mi dicono che devo mettermi la mutanda sulla faccia, perché “da noi è ancora obbligatoria”.
Che paese di merda, mi viene da pensare. E ce ne sono pure molti di peggio, addirittura…
Dopo di me, in coda alla cassa, c’è un tizio pure lui senza mascherina, con l’aria incazzusa da mercenario di mezza età. Il tizio con la faccia da brufolo, a lui, però non ha detto niente.
“Anche tu senza mascherina? Da quando tempo manchi dall’Italia?”, gli chiedo.
“Da 20 anni”, risponde lui, con indefinibile accento del Meridione. “Stavo in Africa. E in Africa nessuno usa la mascherina”.
Arrivederci, grazie e raccontatelo a Speranza.

La battaglia delle “Crevettes pailletèes” contro l’omofobia in Russia

Quanto mai di attualità, è uscito mercoledi 13 aprile in Francia (arriverà in Italia in maggio) il film “La Revanche de Crevettes pailletèes”, il seguito dell’acclamatissima pellicola sulla squadra di pallanuoto gay, uno dei più grandi successi di pubblico – in tutta Europa – del 2019. Stavolta il film è girato quasi completamente in Ucraina (a Kiev e Leopoli, sotto la neve), fingendo di essere in Russia, dove la squadra – composta da uomini non tutti omosessuali – si ferma per una sosta “aerea” verso i “Gay Games” di Tokyo: e qui deve affrontare l’ondata strisciante di omofobia presente nell’attuale Russia di Putin. La banda dei pallanuotisti scanzonati “politicamente scorretti” scopre, con sgomento, e a loro spese, le spedizioni punitive anti-gay e le terrificanti “terapie di conversione”, in atto in certi luoghi “di detenzione correttiva”, a Mosca e dintorni. Il film – che somiglia ad “action movie” in stile James Bond, con una spettacolare fuga da un centro di conversione – non è stato girato in Russia per ovvi motivi: sarebbe stato complicato giustificare una storia contro l’omofobia russa…
“Si ride, certo, ma questa volta si tratta anche di una commedia politica”, ha commentato il regista Cédric Le Gallo, che porta in scena gli stessi protagonisti del primo film, in Italia poco brillantemente titolato “Gamberetti per tutti”. 
Il film è destinato ad essere nuovamente campione d’incassi, almeno in Francia, e a rilanciare la discussione sui diritti della comunità LGBTQ in alcuni paesi dell’Europa dell’Est. E non soltanto la Russia (ad esempio: Polonia e Ungheria).

Bello e angosciante, il film contro la vita “di corsa”

Che succede se abiti a 50 km da Parigi, hai due figli piccoli e nessun marito e nessuno che ti aiuta, devi arrivare in tempo alla mattina a Parigi, in un hotel di lusso, a pulire la merda dei ricchi e vorresti fare ben altro lavoro e, all’improvviso, uno sciopero di intere settimane dei mezzi pubblici e treni ti costringe, in mezzo a mille peripezie e pericolosi autostop, a partire all’alba – con la sveglia che suona implacabile alle 5 – e tornare che fa già buio?
Un film bellissimo e angosciante – da vedere, se arriva in Italia -, con la straordinaria attrice Laure Calamy, sempre di corsa e sempre con il cuore in gola, premio migliore attrice alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
Un film “forte”, che impone una riflessione sulla nostra vita sempre frenetica, forse inutilmente….
Quando le cose sembrano precipitare, iI finale, almeno, riserva un lieto fine. Che, nella realtà, avviene raramente…

Maglia da record (con polemiche) per Maradona

Un numero 10 per cui spendere sette milioni di euro: quello della maglia storica che accompagnò la leggenda del calcio Diego Armando Maradona in una delle partite più importanti del mondo dello sport, e che ora è in vendita sulla piattaforma online di Sotheby’s.

La maglia passò alla storia durante i Mondiali del 1986, nella sfida contro l’Inghilterra, che si concluse con un trionfo assoluto del calciatore argentino: in un’azione indimenticabile, Maradona riuscì a distrarre il portiere inglese Shilton e a segnare – di mano – il primo gol della partita, un momento che venne da lui stesso definito il risultato della “Mano de Dios”, la Mano di Dio.

Ora Sotheby’s punta a raccogliere una cifra da record nella vendita on-line di questo inestimabile cimelio, il cui prezzo si aggira intorno ai 5,2 milioni di dollari: se questo valore dovesse essere raggiunto o superato, la maglia di Maradona supererebbe per valore stimato e di vendita la divisa indossata dalla leggenda del baseball americano Babe Ruth con i New York Yankees, nel 1920, che è stata acquistata nel 2019 per 5,6 milioni di dollari.

Trattandosi di Maradona, però, non poteva mancare la polemica: una delle figlie, Dalma, ha dichiarato che la maglia messa all’asta – di proprietà del calciatore inglese Hodge, in campo quel giorno del giugno 1986 – non è quella del gol con la “Mano di Dio”, bensì quella del primo tempo, mentre la celeberrima rete fu segnata nella ripresa. “Io so chi ha quella maglia, ma non lo dico”, ha concluso misteriosamente Dalma Maradona, confermando che la maglia non è in possesso della famiglia del calciatore. 

A chi crederà il mondo delle aste on-line? 

 

Biglietto da 55 milioni di dollari per i “turisti dello spazio”!

Astronauti “privati” nello spazio. O, per meglio dire: “turisti spaziali”. 
Il primo viaggio “commerciale” verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è giunto a destinazione. 
L’uomo d’affari israeliano Eytan Stibbe è stato il primo ad arrivare, a bordo della Crew Dragon “Endeavour” di SpaceX (di proprietà di Elon Musk) della missione “AXiom-1”, che si è agganciata alla Stazione Spaziale Internazionale, in orbita sopra l’Oceano Atlantico. 
Aggancio riuscito, ma solo al secondo tentativo.
L’equipaggio resterà nello spazio per dieci giorni: gli imprenditori Larry Connor (americano), Eytan Stibbe (israeliano, ex pilota di caccia F-16) e Mark Pathy (canadese), che hanno pagato 55 milioni di dollari a testa per questo viaggetto, mentre l’ex astronauta della NASA, Michael Lopez-Alegria (258 giorni nello spazio), vice-presidente Business Development della compagnia texana Axiom, ha fatto da “capo-equipaggio”.
I tre piloti “privati” non sono certo arrivati impreparati al grande appuntamento: hanno svolto circa mille ore di addestramento!
Dopo il decollo, venerdi 8 aprile (ore 17.17 in Italia), dal Kennedy Space Center NASA di Cape Canaveral, in Florida su un razzo Falcon 9 di SpaceX, la capsula Dragon è arrivata alla meta, ma con un ritardo di circa mezzora, dovuto ad un problema con il segnale video, che permette alla Stazione Spaziale di “vedere” il muso della navetta e di seguire cosi ogni manovra che avviene in modo completamente automatico.
Tutti gli altri sistemi di bordo del Crew Dragon – ha fatto sapere la NASA – funzionavano regolarmente e attorno alle ore 14 di sabato (ora locale) si è lavorato per risolvere il problema e completare la manovra di aggancio che, al secondo tentativo, è poi avvenuta alle 14.30.
SpaceX aveva informato che la navetta aveva carburante sufficiente per mantenere la posizione di attesa a 20 metri dall’ISS per almeno due ore.
Il 21 aprile toccherà all’astronauta italiana Samantha Cristoforetti (44 anni) partire con la Crew Dragon “Freedom” per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale e cominciare una nuova missione scientifica di lunga durata.