L’ultima domenica felice

Era il 23 febbraio 2020, l’ultima domenica felice.
Mi sembra proprio che fosse la domenica prima del Martedi Grasso, prima della fine del Carnevale. Da tempo avevamo deciso di portare Santiago, vestito da Capitan America, alla festa in maschera per bambini all’interno di un centro commerciale, perchè l’ospite di lusso era il mitico Bing, il coniglietto un po’ tonto e pasticcione adorato dai bimbi, anche da mio figlio.
La sera prima, con l’amica Erica, ero andato a vedere a teatro “Sul Lago Dorato”, con Gianfranco D’Angelo, Corinne Clery, Fiordaliso…
Il teatro, però, era inspiegabilmente mezzo vuoto. Anzi, non inspiegabilmente: dai telegiornali, fioccavano già come saette le notizie dei primi casi italiani di Coronavirus, a Vo’ Euganeo (Padova) e a Codogno (Lodi), ve lo ricordate?
La gente, subito, si è spaventata e ha cominciato a chiudersi in casa, tristissimo prologo di quello che sarebbe successo, di ancor più triste, da lì a poco.

Ma la domenica è domenica e il Carnevale dei bimbi è sacro: Santiago-Capitan America si è divertito, ha fatto la foto con Bing, c’erano un sacco di belle famiglie assolutamente non conscie del fatto che quella sarebbe stata l’ultima domenica felice, forse persino l’ultima domenica di libertà (non vigilata e non mascherata).
Ma nell’aria si respirava già qualcosa di strano (era il Covid in agguato?), si facevano battutine sul virus portato dai cinesi (provato a dire il contrario!), ma – sotto sotto – c’era la sensazione di paura di ciò che è sconosciuto e misterioso, un nemico invisibile e subdolo, anche se mai avremmo immaginato quello che è successo poi (o che ci hanno raccontato che sia successo).

Anche se mai avremmo immaginato, 365 giorni dopo, di essere ancora allo stesso (disperato) punto di partenza.

Spagna: il caso-Pablo Hasél e la “Legge Bavaglio” che manda in carcere per “crimini di espressione”

Notti di protesta a Barcellona, ma anche a Madrid, Valencia e Palma di Maiorca, nonostante coprifuoco e restrizioni.
È l’effetto dell’arresto del rapper Pablo Hasél, 33 anni, avvenuto martedi mattina all’Università di Lleida, dove il cantante si era barricato per sfuggire all’arresto.
All’alba di martedi, l’irruzione degli agenti anti-sommossa nel rettorato dell’Università aveva messo fine ad una situazione di stallo, durata 24 ore, tra la polizia e Hasél, asseragliato all’interno.
Pablo Hasél è stato condannato ad una pena di nove mesi di carcere, a causa dei testi delle sue canzoni (e di almeno undici tweet giudicati “compromettenti”): è accusato di apologia di terrorismo e vilipendio alla monarcha spagnola e alle istituzioni statali.
Aveva tempo fino a venerdì scorso per costituirsi, ma non lo ha fatto. Così è partito il blitz delle forze di sicurezza.
In perenne dissenso, tra il premier Pedro Sanchez e il suo alleato Pablo Iglesias, di fronte alle tante proteste, anche internazionali, contro i “crimini d’espressione” previsti dalla cosiddetta “Legge Bavaglio”, il governo spagnolo sembra ora voler fare retromarcia.
Ha dichiarato Carmen Calvo, vice premier spagnola:
“Pensiamo che in tutte quelle questioni che derivano dalla libertà di espressione e che non comportano un rischio per la sicurezza delle persone, la reazione sanzionatoria dello Stato con la privazione della libertà è, secondo noi, una reazione che non è appropriata nel contesto delle libertà di una democrazia”.
In buona sostanza: basta carcere.
Questa sentenza arriva dopo il processo che Hasél aveva subito per lo stesso crimine nel 2018 e per il quale era già stato condannato nel 2014. Vale a dire, quindi, che il tribunale che aveva già sospeso per tre anni l’esecuzione di una prima condanna, nel suo secondo caso ha tenuto conto che avrebbe commesso di nuovo il crimine.
Pur avendo alle spalle, per l’appunto, diverse denunce e condanne – anche per aver inneggiato all’ETA e al GRAPO (due gruppi terroristici spagnoli del passato) nelle sue canzoni, – ed essere considerato una “testa calda”, Pablo Hasél è diventato un simbolo, soprattutto per artisti e intellettuali, per ottenere il cambiamento della cosiddetta “Legge Bavaglio” spagnola.
Oltre 200 artisti, tra cui Pedro Almodóvar e Javier Bardem, hanno firmato una petizione per la liberazione di Pablo Hasél.

Quella volta che a San Valentino…

Il 14 febbraio incombe, San Valentino incombe.
Voglio simpaticamente raccontare di quella volta che, a voler essere romantico a tutti i costi, mi presi una gran sberla.
Alla fidanzata dell’epoca, infatti, regalai un bel cuscino morbido morbido di Lupo Alberto, tutto bello rosso, a forma di cuore, con Lupo Alberto che abbracciava teneramente la sua innamorata storica, la gallina Marta. Ricordo ancora la scritta sul davanti del cuscino: “Ti voglio tanto bene…”.
Avrei dovuto diffidare di quei tre puntini di sospensione, ma ormai è fatta, il reato è caduto in prescrizione.
Consegnai il pacchetto regalo alla mia fidanzata dell’epoca – tale Elena -, mi aspettavo baci e abbracci e invece, tempo dieci secondi, mi arriva un sonoro ceffone!
Beh, che cosa è successo, che cosa ho fatto?
“Allora è questo che pensi di me!”, esclamò la furibonda ormai ex fidanzata. E mi fa vedere il cuscino, il corpo del reato.
Da una parte c’è scritto “Ti voglio tanto bene…” – e fin qui tutto normale -, ma sul retro la scritta continuava con “…che…”, con il disegno di Lupo Alberto che getta Marta giù da un burrone!!!
Maledetto retro del cuscino a forma di cuore!!!!
Io nemmeno lo avevo guardato quando lo avevo comprato!!!
Praticamente, la fidanzatina pensò che io volessi buttarla giù da un burrone….
Naturalmente, la Grande Love-story finì cosi, tragicamente (ma senza burrone).
Da allora, ho appreso una grande lezione: leggere la scritta sui cuscini a forma di cuore da entrambe le parti!!!!

Ps. All’epoca avevo 18 anni e la fidanzatina dalla mano pesante solo 15: vale come attenuante?

Gli sportivi…ben poco sportivi

Succede sempre più spesso e, ormai, non fa nemmeno più notizia.
Prima la disfida Ibra-Lukaku durante il derby Milan-Inter, poi il dito medio di Antonio Conte e il “coglione” urlato a squarciagola da Andrea Agnelli, fino al battibecco in mondovisione di due tennisti italiani, Salvatore Caruso e Fabio Fognini (uno che crede di essere il McEnroe dei poveri), agli Australian Open.
Ma che succede? Sportivi…sempre meno sportivi?
Del resto, anche poco furbi: nel calcio, senza pubblico e con le telecamere e i microfoni ovunque, si sente davvero tutti: dai riti voodoo alle accuse alla mamma di questo o di quest’altro, dagli insulti alle minacce, fino al “bucio di culo” (detto proprio cosi) di Fognini a Caruso in un tristissimo derby italico della maleducazione.
Esiste una morale della favola?
Certo: innanzitutto non è una favola, lo sport, se arriva a questi infimissimi livelli. Nè, tantomeno, può essere di modello per i più giovani, che fanno dei loro campioni (Ibra e Lukaku lo sono sicuramente, per un’intera generazione) degli esempi, ma stavolta da non imitare.
Un aspetto positivo? Beh, almeno possiamo dire che – in mezzo a tanta ipocrisia – quando due campionissimi grandi e grossi come Ibra e Lukaku non riescono a nascondere al mondo intero la loro reciproca antipatia, se non altro è una questione da uomini veri, tipo “Ti spiezzo in due” (cit. Ivan Drago in “Rocky”) o da “Ti aspetto fuori”. Roba da saloon e da Bud Spencer e Terence Hill, roba da uomini veri, forse. Se un uomo vero, mah, si misura da queste cose…
Ma la sportività – visto che parliamo di sport e non di Far West – è tutta un’altra cosa.

Auguriiii, Vasco!

Può piacere o non piacere (a me piaceva più una volta, andando anche ai suoi concerti, quando faceva meno il filosofo e più il ribelle: sarà l’età…), ma indubbiamente Vasco Rossi è la più grande star della musica degli ultimi 35 anni e oltre, altro che Ligabue e Zucchero…
Solo lui riempie sempre gli stadi e ci ha regalato canzoni (soprattutto quelle vecchie) che sono autentiche poesie per diverse generazioni.
Il 7 febbraio, Vasco da Zocca, ha compiuto 69 anni, che sembrano tanti, ma che non scalfiscono minimamente la sua anima eternamente giovane. E forse già pensa all’anno prossimo, quando saranno 70, e chissà in quanti – magari gli stessi benpensanti che una volta gli davano del “drogato” – ora sbrodoleranno in complimenti e leccaculamenti, che a lui, credo, interessino meno di zero.
Non conoscendo Vasco, ma avendolo intervistato diverse volte in diverse epoche, mi è sembrato più “vero” e più “ruspante” di tanti altri cantantucoli dei giorni nostri. E un posto nella storia della musica italiana – e nel nostro cuore – ce l’ha già.
Qual è la vostra canzone preferita di Vasco? La mia è “C’è chi dice no”.

Ce l’abbiamo una seconda vita? Sì, almeno in certo libri virtuosi

“Titolo molto bello e idea geniale.
Meglio un “Ambasciatore della Felicità” in carne ed ossa che un decalogo da rivista su come cambiare la propria vita! E Camille, la protagonista, ce la fa!
Il romanzo di Raphaëlle Giordano scivola via in maniera piacevolmente fuffosa, tra buoni propositi e buoni sentimenti, fino alla sorprendente sorpresa finale.
E visto che c’è pure il vademecum, viene proprio voglia di provare il metodo dell’Abitudinologo Claude…perché no?

 

A proposito di tamponi…

Oggi ho fatto il mio primo tampone molecolare al cosiddetto “hotspot” di Carmagnola (Torino).
Grandi cartelli gialli con le frecce indicano molto bene la strada per arrivarci, peccato che sia l’hotspot sbagliato, che da mesi non è più funzione…
Ora, il luogo dei tamponi è in pieno centro, di fianco ad un bel giardino pubblico, poco più di una stanzetta, a cui si accede dall’ingresso che vedete in foto.
Non c’era anima viva!
A metà ottobre, avevo tentato di fare il tampone sempre a Carmagnola, ma avevo rinunciato: centinaia e centinaia di auto, code di ore e ore, gente accampata dalla notte…
E oggi, nessuno.
Già tutti tamponati? Finita la moda? Ci siamo stufati? Sono cambiate un po’ di regole per la negatività e il ritorno al lavoro, ma basta tutto ciò per spiegare questa “sparizione” delle persone da sottoporre al test?
E allora da dove arrivano i dati quotidiani di centinaia di migliaia di tamponi in tutta Italia?
Solo a Carmagnola è cambiata così drasticamente la situazione?
A proposito dei cartelli sbagliati, poi, le gentili dottoresse hanno allargato le braccia: ”Noi lo abbiamo segnalato più volte, ma non li hanno ancora cambiati!”

Chi? Il comune? I vigili urbani? Troppo impegnati?

Aborto: l’incredibile passo indietro della Polonia

Una larga fetta della Polonia lotta per il diritto all’aborto.
Manifestazioni per le strade di Varsavia, da parte di migliaia di persone, che – nei pressi della sede della Corte Costituzionale – hanno protestato contro una legge che definiscono assurda e arcaica.
La sentenza della Corte Costituzionale polacca che vieta l’aborto in caso di malformazione del feto – pubblicata “in silenzio” sulla Gazzetta Ufficiale – è, infatti, entrata in vigore da mercoledi 27 gennaio, dopo essere stata congelata dal governo-Morawiecki per tre mesi, dal 22 ottobre scorso, a causa delle massicce proteste che hanno scosso la Polonia, a partire proprio da ottobre, dopo la promulgazione della legge stessa.
Di fatto, ora tutte le interruzioni di gravidanza in Polonia saranno vietate, tranne nei casi di stupro e incesto e quando la vita o la salute della madre sono considerate a rischio.
Un dato su tutti: il 98% degli aborti legali effettuati in Polonia, fino a oggi, era dovuto a malformazioni fetali. Ora non sarà più possibile.
Secondo la sentenza della Corte Costituzionale, gli aborti in caso di anomalie fetali sono “incompatibili” con la Costituzione polacca.
Già adesso, tra le 100.000 e le 200.000 donne polacche sono state costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero, solitamente in Repubblica Ceca, Germania, Slovacchia o Ucraina, per l’interruzione di gravidanza.
La Polonia è un paese molto cattolico e aveva, già in precedenza, alcune delle leggi sull’aborto più severe dell’Unione europea.
Il governo di destra del premier Mateusz Morawiecki – che si regge sul partito Diritto e Giustizia (PiS) – nega ogni pressione nei confronti della Corte Costituzionale.
Secondo Amnesty International, nuove manifestazioni da parte delle organizzazioni femministe e Lgbt e della stessa società civile, sono pronte a scuotere la coscienza della Polonia.

Portogallo: è il settimo paese al mondo a legalizzare l’eutanasia

Con 136 voti favorevoli e 78 contrari, il Parlamento portoghese ha approvato la depenalizzazione della morte medicalmente assistita.
La legge prevede che l’eutanasia sarà possibile, con l’ausilio di un medico, solo per le persone di età superiore ai 18 anni, malati terminali in situazione di sofferenza duratura e insopportabile e senza problemi mentali.
La votazione è durata circa 30 minuti: attesi i canonici tre giorni per eventuali reclami, il testo sarà poi inviato al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, appena rieletto per altri cinque anni.

Quest’ultimo dovrebbe approvarlo, ma potrebbe teoricamente anche bocciarlo o inviarlo alla Corte costituzionale.
Diverse le istituzioni cattoliche che, in questi giorni, hanno indetto mobilitazioni contro la legge, appellandosi proprio al Capo dello Stato per bloccarla.
Se la legge entrerà in vigore, il Portogallo sarà il quarto paese in Europa, settimo al mondo, a legalizzare l’eutanasia.